Una voce narrante in un teatro dentro a un ex convento scorre tra gli avvenimenti accaduti nel 1992, accompagnato dalla musica di Cisco dei Modena City Rambles. I miei pensieri catapultano in quegli anni quando pensavo che la mia vita l’avrei vissuta a Sestri Levante, avrei sempre lavorato in una società di automazione senza aver mai compreso cosa fosse e a guardare da grosse vetrate di un palazzo rosso posato sul mare di Genova, i rimorchiatori che guidavano l’ingresso dei traghetti nel porto. Sorrido pensando a quando la mia collega vicina di scrivania mostrò l’album di foto del suo viaggio di nozze di dieci giorni a Londra e io pensai che a Londra avrei resistito solo tre giorni e rividi me bimba con il montgomery verde, i pantaloni a zampa di elefante camminare tenendo la mano di mamma e papà a Regent’s Park.
La voce narrante racconta di Mario Chiesa arrestato perché colto in flagrante mentre accettava una tangente di sette milioni. Non sapevo ancora che da quell’arresto, l’operazione Mani pulite avrebbe mescolato il mio futuro. “L’automazione era un automa” coinvolto nelle tangenti, i mobili pignorati e io che non volevo dare la mia sedia all’uomo dell’ufficio delle entrate, gli dicevo che mi stava portando via i ricordi e accettò di cambiare l’etichetta con il numero che era sigillato sulla mia sedia con quella del mio collega che era preoccupato per l’imminente perdita del lavoro più che dal distacco del ricordo, la carta igienica che ci portavamo da casa, la macchina fotocopiatrice sputava copie a fisarmonica, nessuno veniva più ad aggiustarla perché non c’erano i soldi per pagare.
E venne quella prima mattina senza sveglia, comprare le buste e i francobolli per spedire i curriculum vitae scritti con il Word 1 appena arrivato sul mercato, baciare il postino quando suonò alla porta con la lettera di cassa integrazione.
In quella lettera c’era il futuro dei miei sogni.
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Roberta La Placa