Signore.
Signori.
State davvero perdendo tempo leggendo una recensione su Dragon Ball Super: Broly?
Non sarebbe necessario spenderci neanche due parole, ma in questo caso almeno
tre sembrano d’uopo.
È Dragon
Ball.
O lo ami o lo odi.
Non è mai stata una serie eccessivamente profonda, con una trama limpida e dei
colpi di scena strepitosi. È Dragon Ball. È un susseguirsi
di combattimenti e continui superamenti dei limiti dei personaggi, forse a
volte incredibilmente tirati, ma che non per questo non smettono di emozionare.
Perché se si conosce il franchise, si sa che è solo di questo che si tratta.
Coi precedenti film La Battaglia degli
Dei e La Resurrezione di F, i fan
si sono divisi: c’è chi li riteneva troppo infantili o con qualche scelte di
sceneggiatura tirate, ma in compenso queste pellicole si sono ritagliati la
loro fetta di pubblico.
Con Broly non c’è questa distinzione.
Se avete amato Dragon Ball, questo
film lo venererete.
È un intenso crescendo di una sinfonia dedicata agli shonen, una lettera
d’amore a tutti i fan della serie con la quale sono crescuti e dalla quale
hanno cercato di imitare mosse dai nomi sempre più improbabili.
Il film è diviso in tre parti: nella prima vi è un flashback che rinarra gli ultimi giorni del pianeta Vegeta, di come Paragas è costretto ad abbandonare tutto ciò che ha per aiutare suo figlio, di come Bardak e Gine sono costretti a mandare il loro figlio sulla Terra per salvarlo dall’imminente arrivo di Freezer (rendendo la storia più simile a Superman di quanto già non lo sia).
A differenza dei film non canonici, qui i personaggi citati hanno molta più “umanità”: molti Saiyan non sono del tutto malvagi e non pensano solo alla lotta o alla supremazia della loro specie nell’universo: sono persone di tutti i giorni che si preoccupano per la loro famiglia, primo fra tutti Bardak. Ciò che lo differenzia da Paragas è il semplice fatto di aver avuto un figlio con un livello di combattimento basso, e ciò gli ha dato una possibilità in più di salvarlo.
La seconda parte non è altro che una preparazione alla terza, in cui i personaggi che dovranno prendere parte all’imminente scontro ci vengono mostrati subito dopo gli eventi del Torneo del Potere e si preparano per la sequenza che tutti noi stavamo aspettando.
La terza parte si potrebbe definire come una bomba atomica di testosterone, una valanga di audiovisione totalmente incentrata sull’intrattenimento. Il film sa che cos’è e che cosa si aspetta il pubblico da lui e ne sfrutta ogni leva. Non è un’opera dello Studio Gibli, di Osamu Tetsuka o qualcosa uscito fiori dalla mente di un Urasawa, è Dragon Ball, niente più, niente meno. Da quando Paragus urla “Scatenati!”, dando inizio all’enorme sequenza che tutti noi stavamo attendendo, il film lo coglie in parola: quaranta minuti di lotta ininterrotta, delle vere e proprie caramelle per gli occhi dei fan più sfegatati.
Tali
combattimenti sono stati resi in maniera a dir poco soddisfacente. Ne La Resurrezione di F stonava parecchio
l’eccessivo utilizzo della computer grafica, molte volte sembrava che si stesse
guardando una cutscene di Xenoverse piuttosto che un film. Qui invece si ha un
perfetto commubio tra CGI e 2D con disegni retrò, sia nei personaggi sia negli
attacchi col ki, con colori sgargianti e inquadrature spettacolari. La
telecamera segue i combattenti mentre volano per il campo di lotta con
coreografie fluide, le inquadrature spaziano da primissimi piani durante gli
scontri fisici, campi lunghi durante gli attacchi energetici ad area o contro
un singolo avversario e addirittura in prima persona, rendendo il tutto molto
dinamico e coinvolgente.
Come si avrà già intuito, la cosa migliore di questo film è proprio il Super
Saiyan Leggendario, Broly. Non solo perché è molto più approfondito della sua
controparte non canonica degli anni 90, avendogli Toriyama dato una storia
decisamente più profonda e simpatizzante di…
Questo perché, inutile dirlo, Goku è quello che Broly sarebbe dovuto essere: l’ultima speranza della sua razza, l’uomo che ascende alla leggenda e diventa un Dio, ma a causa di una malaugurata scelta del destino, si è ritrovato in un ambiente che lo ha cresciuto a pane e pugni, in partre per colpa del re e in parte per colpa di suo padre e del suo desiderio di vendetta.
Grande elogio va anche al doppiaggio italiano. Iacono resta il Vegeta perfetto: è orgoglioso e fiero, ma anche simpatico e involontariamente esilarante in diversi momenti. Claudio Moneta, nonostante la sua voce s’intoni meglio con personaggi malvagi, è forse il degno erede di Torrisi: la sua irriverenza e il suo tono scherzoso lo rendono adorabile a dir poco.
Mario Bombardieri è forse colui che ha dovuto fare il lavoro più duro, nonché più appagante. La sua voce non ha perso un briciolo di epicità da quando doppiò per la prima volta Broly, e qui fa forse il triplo del lavoro: le sue urla di dolore e rabbia portati avanti per più di mezz’ora alternati alla malinconia quando parla del suo passato mentre è nella sua forma normale danno l’idea di un doppiatore professionista ed instancabile.
Certo, ci sono dei buchi di trama qui e là, ma diciamoci la verità: è Dragon Ball. Non lo si va a vedere per la trama, essa è solamente un mezzo per giungere a un fine, e quel fine è il vedere personaggi combattere tra loro superando i propri limiti. Questo è sempre stato Dragon Ball e sempre lo sarà.
Perciò, se siete fan di Dragon Ball, non aspettate oltre: teletrasportatevi subito nelle sale e, come dice Paragus, scatenatevi!
Andrea De Venuto
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