La lettera mai spedita

Caro bandito del cuore,

i treni del mondo confluirono in un binario invisibile in una notte di stelle confuse, che di colpo si presero il nostro sonno, la voglia custodita sottopelle. E in un giorno di sole intenso, noi diventammo uno, con un semplice sorriso consacrato a Dio.

E quando, nel fondale dei giorni senza pausa, riaffiora il nostro respiro, la levatura dei nostri orizzonti, mi ritrovo a pensare. Ti ricordi di quel tempo stralunato? Di quando non ero affatto una donna, ma una sembianza?

Già… era oltre mezzanotte ed ero finita di nuovo lì. Tu mi guardavi di sottecchi e sembrava tutto tranne un sogno. Forse era un presagio. Anche il mare lo sapeva: sussurrava tempesta, ululava nelle vene degli uomini, sferzava sui cuori infranti. E di certo, io, quegli uomini, non potevo guardarli: avevano gli occhi languidi come pietre leggendarie. Quelle sì, che erano pupille capaci di fatare.

E mentre mi facevi cenno di seguirti nella pioggia, le gocce mi bagnavano il volto con il profumo del cielo. Mi sentivo piena di parole. Così, ogni notte, alla stessa dannata ora, mi mettevo a scrivere lettere mai spedite. E che altro potevo fare, se non precipitare nell’inondazione del mio dolce sentire?

E ora sono qui a rammentarti l’ultima lettera mai inviata, quella che dovresti leggere prima che l’alba sorga e che sia di nuovo domani. L’ho consegnata a una donna con un paio di occhi verdi come smeraldo. Ma tu, da bravo ladro di vita, dovresti riuscire a recuperarla.

Per farlo, ti basterà camminare con la virtù che ti trascini addosso, quella del tuo grande cuore spezzato. Forse, dopo, a mancarti saranno sempre le tempeste di un foglio, le parole come soffi, lievi come un bacio sospeso, come un tempo di pace. Ma non preoccuparti: continuerò a non pronunciare mai amore a vuoto.

È per questo che ti chiedo: “Amami, anima mia”. Ed è per questo che la mia lettera è un luogo il cui nome non ha importanza, perché dopo lo smarrimento, bisogna solo sperare di essere ancora degni: degni di amare; degni di amore. Non sai che non tollero i vigliacchi, fieri di non dichiarare mai tenerezza?

Non temere… io sono fatta di un altro impasto; di un morbido saliscendi emotivo che confluisce nei tuoi occhi oceanici, dove il nostro nome si pronuncia un istante dopo il destino.

È lì che ti somiglio. È  lì che ti amo. Ed è nel nostro infinito precipizio che mi scaravento la vita addosso.

Con infinita gratitudine,

tua moglie

 

Silvia Casini

Lettera mai spedita e dedicata a mio marito

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