Tenuto fermo e bloccato per circa un anno a causa dei guai giudiziari vissuti dal suo autore, l’ultimo film di Woody Allen finalmente arriva nelle sale per il favore dei suoi numerosi spettatori, pronti per un altro dei suoi racconti pregni di sano umorismo di alta classe e giri di destino che il grande regista di Manhattan ha sempre saputo giostrare, punta di diamante della sua quasi cinquantennale carriera.
Tramite questo Un giorno di pioggia a New York il grande Allen si cimenta in una trama giovanile, utilizzando per protagonisti una coppia di studenti universitari interpretati da Timithée Chalamet (rivelazione candidata agli Oscar per Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino) ed Elle Fanning (volenterosa sorella di Dakota, vista di recente come “bella addormentata” nel dittico Maleficent); loro sono rispettivamente Gatsby e Ashleigh, due innamorati che stanno per intraprendere un viaggio verso la Grande Mela, città natale di lui.
Motivo di questo weekend a New York è l’intervista che la ragazza deve realizzare per conto della sua redazione giornalistica, incontrando un importante regista di nome Roland Pollard (Liev Schreiber); durante questo lasso di tempo Gatsby decida di fare una passeggiata per la città, ritrovando sul suo cammino vecchie conoscenze, come la bella Chan (Selena Gomez), oppure decidendo di passare a trovare i suoi genitori.
Ma in tutto ciò la giovane coppia andrà incontro ad una serie di disavventure, che li metterà di fronte a diverse realtà e alle prese con tragicomiche parentesi, atte a rendere ben chiaro cosa può portare il caos di New York nel loro semplice rapporto di coppia.
Travagliato e atteso ritorno al cinema di Allen, Un giorno di pioggia a New York però è un lungometraggio che consolida maggiormente la teoria su come ormai il grande regista di Io e Annie si appoggi maggiormente ad idee a dir poco vaghe, residuo di una carriera passata dove il nostro autore fu capace di creare una filosofia cinematografica inarrivabile; questa commedia è materiale di poco conto che davvero non ti aspetti dal buon Woody, una storia raffazzonata e appoggiata su siparietti leggeri e futili, privi di mordente e di un qualche pizzico di originalità.
Un compendio di solite cose viste e straviste nell’universo alleniano, volto ad un universo giovanile, quasi come fosse una lettura da commedia adolescenziale del cinema di Allen stesso, un lungometraggio che tende a voler far trottare i suoi due protagonisti (uno Chalamet ai limiti del simpatico, una Fanning che ci è e non ci fa) tra le solite perle di filosofia del creatore di Match Point, senza però seguire una logica tipica del suo cinema.
In fondo a tutto ciò c’è sempre l’amore per la settima arte e per gli autori che Allen stima, gettando nel mezzo un affronto verso Hollywood guardando a Lo sceicco bianco di Fellini (con Schrieber regista in crisi, Jude Law sceneggiatore geloso della moglie Rebecca Hall e Diego Luna che ricopre il ruolo di divo sex symbol), ma questa cosa già la fece con un episodio appartenente al dimenticabile To Rome with love.
Che Allen alla terza età sia stato capace di realizzare opere “minori” è più che comprensibile, con cotanta carriera alle spalle è difficile regalare qualcosa di nuovo nel suo caso, ma la prevedibilità che porta dietro questo Un giorno di pioggia a New York peggiora tale posizione, mostrando un altro punto debole del nostro autore, cioè una mancanza di volontà nel voler creare finali degni di nota come ha sempre saputo fare.
Speriamo che tale teoria sia solo un dubbio di passaggio.
Mirko Lomuscio