Oggi, come ospite abbiamo Fernanda Romani, autrice della saga di Endora, una fantasy particolare ambientato in un mondo matriarcale e particolarmente tossico.
Ciao Fernanda, se dovessi descriverti in quattro parole, quali useresti?
Sensibile, idealista, romantica, disillusa.
Raccontaci un po’ di te…
Il mio percorso di scrittrice è stato piuttosto anomalo poiché ho iniziato a scrivere a 49 anni. Quando ero giovane non mi è mai passato per la testa, anche perché ero negata per i temi d’italiano, pur essendo un’accanita divoratrice di libri. Però sono sempre stata anche un’appassionata ricamatrice di storie, passione che ho sempre applicato a tutti i libri che leggevo e ai film che vedevo, modificandone trame e personaggi nella mia fantasia. A 49 anni c’è stata la svolta: ho conosciuto una persona, amica di un’amica, che scriveva e scriveva fantasy, l’unico genere al quale mi sarebbe piaciuto dedicarmi. Da lì è iniziato tutto: la ricerca di manuali di scrittura e poi di luoghi in Internet dove trovare consigli, spiegazioni, altre persone come me. Poi sono venuti i primi racconti, i primi concorsi e le soddisfazioni. Ho visto che quanto scrivevo era apprezzato e questo mi ha incoraggiata a continuare fino a intraprendere la grande avventura di una saga fantasy.
Com’è nata la saga di Endora? Perché ti è venuta l’idea di creare una società matriarcale oppressiva?
Endora è nata come versione semplificata ed edulcorata di una saga che avevo iniziato a scrivere quando muovevo i primi passi nel mondo della scrittura. Volevo costruire una storia che presentasse un mondo alla rovescia, dove la condizione maschile rispecchiasse quella femminile che, sia nel passato che ancora al giorno d’oggi, in certe società, ha sempre penalizzato le donne. Endora è una metafora, il cui scopo è dire che l’unica società auspicabile è quella egualitaria.
La situazione in cui vivono gli uomini a Endora è un pugno nello stomaco, non solo rappresentativo ma anche ideologico. Una sorta di inversione della nostra società. Tale rappresentazione ha causato problemi con i lettori?
Sicuramente, con i lettori maschi: sono pochissimi quelli che hanno voluto affrontare Endora, anche se devo dire che da qualcuno di quei pochi ho avuto ottimi riscontri. Tra le lettrici, le reazioni sono state diverse: da chi l’ha letto con entusiasmo a chi si è sentita turbata nel vedere una popolazione femminile comportarsi in maniera oppressiva, fino ad arrivare all’estremismo di una persona che dichiarò di non voler leggere una storia con una simile tematica, accusandomi di aver rappresentato le donne in maniera offensiva.
Diverse persone direbbero che un matriarcato sarebbe più pacifico. Cosa ne pensi a livello personale e storico?
Non sono mai stata d’accordo. Le donne sono esseri umani come tutti gli altri, soggette agli stessi pregi e difetti. Il potere corrompe e chi lo possiede finisce sempre per abusarne. Nel corso della storia umana sono esistite donne guerriere e donne pacificatrici; l’idea che la donna dovrebbe essere portatrice di pace è uno dei tanti stereotipi con cui si è voluto ingabbiare il genere femminile in determinati ruoli.
Parlaci degli spin off di Endora…
La serie di Odi, composta da due libri, La maschera del dio senza cuore e I tre giorni di Atavanno, è nata dall’invito che mi era stato fatto da un gruppo di Facebook perché partecipassi a un’antologia di racconti Male to Male. Pur essendo da tempo un’appassionata lettrice di gay romance, non mi ero mai cimentata nel tentare di scriverne uno, ma la cosa mi attirava e così mi sono buttata in quell’avventura, da cui poi è nato tutto il resto. Ho deciso di collegare queste nuove storie a Endora, mettendo al centro il popolo bisessuale degli Aldair, a cui appartiene Daigo, uno dei protagonisti della saga principale. Mi sono dedicata a creare una nuova società, con usanze, religione, caste e riti che dessero importanza alla loro bisessualità. Ho voluto scrivere la lunga e tormentata storia d’amore di due guerrieri, Nilio e Vikandro, divisi per questioni di ceto sociale. Il romanzo dove questa vicenda trova il suo lieto fine, I tre giorni di Atavanno, mi ha dato grandi soddisfazioni, poiché è il mio libro più venduto.
Ho notato una cosa nella saga di Endora: mentre la bisessualità degli Aldair è tollerata, non si menziona come la società matriarcale si rapporti con le differenze di genere e sessuali interne. Cosa potresti dire ai tuoi lettori?
Nel regno di Endora le differenze sessuali sono mal tollerate, però non a livello legale. Ognuno può fare ciò che vuole, ma chi intreccia relazioni non etero è malvisto. Ho scelto per questa società un atteggiamento non violento, ma comunque negativo per mettere in risalto la libertà sessuale dei loro vicini Aldair, i cui guerrieri vengono inviati come mercenari sessuali nell’esercito di Endora. Questa diversità culturale sarà il motore di una parte importante della storia.
Com’è il tuo rapporto con il genere romance? Pensi debba avere una propria rivoluzione culturale?
Non sono mai stata una grande lettrice di romance, ho ripreso a leggerlo da pochi anni, dopo averlo frequentato per qualche tempo quando ero giovane, negli anni ‘80. Avevo una predilezione per il romance storico, che ha sempre una componente avventurosa, e quella predilezione continua tutt’ora. Penso che il romance abbia già avuto parecchie rivoluzioni riguardo alle tematiche trattate, non tutte apprezzabili, tipo l’abuso romanticizzato, però, a mio avviso, la rivoluzione più notevole e positiva è il genere Male to Male o gay romance. Questo tipo di narrativa, arrivata dall’America pochi anni fa, apprezzato soprattutto da donne e scritto per la maggior parte da autrici, ha messo sul mercato storie d’amore incentrate su coppie di uomini e ha scardinato il genere introducendo dinamiche nuove, tanto che molte lettrici hanno abbandonato il romance tradizionale.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Un progetto irrinunciabile è finire Endora, di cui ho sospeso la stesura del quarto e ultimo volume per crisi di idee. Ho già in mente tutti gli ultimi capitoli, adoro il finale che ho progettato e sul quale ho già molti appunti, ma il problema è arrivarci. Ho cercato di rinfrescare la mia creatività dedicandomi a un’altra storia, un fantasy romance che ho iniziato un anno fa e che, nelle intenzioni, doveva essere già finito. Purtroppo, quello che doveva essere un romanzo autoconclusivo di lunghezza media mi è esploso tra le mani ed è ormai diventato un tomo enorme. E la fine è ancora lontana. Fin dall’inizio ho pensato che questa volta, prima di pubblicare in self, avrei proposto questo nuovo manoscritto a qualche CE ma ora, vedendo la corposità del romanzo, mi sto chiedendo quanti editori accetterebbero una storia così lunga. Vedremo.
Cosa pensi del mercato del fantasy italiano? Com’è stata la tua esperienza da self?
Da quando sono approdata su Facebook, ho iniziato a frequentare gruppi mirati, dove si può discutere di fantasy e conoscere le novità al di fuori delle grandi Case Editrici. Mi sono resa conto che il mercato del fantasy è affollatissimo e molto agguerrito, sia per quanto riguarda le piccole CE, sia nel campo del self. Ho trovato un grande fermento di idee e di voglia di scrivere. Tra i self è difficile emergere, quindi può capitare, come è accaduto a me, di farsi una nicchia di lettori che con il tempo si affeziona e ti segue, ma non aumenta. Però essere nel campo del fantasy da sette anni, come lo sono io, può servire per presentarsi a una CE avendo già una reputazione.
E voi? Avete letto il libro? Siete curiosi di esplorare tale mondo?
Debora Parisi
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