Un tema ricorrente per il genere horror, almeno sin da quando il cinema esiste, è analizzare il mondo dei giovani e i loro passatempi, creando qualche trama che possa esaminare con occhio incisivo quel microcosmo dedito a volte all’incoscienza e al divertimento senza freni.
Recentemente questo genere ha sfornato prodotti che possono parlare dello stato mentale di questa nuova gioventù, tirando fuori titoli come l’angosciante It follows e sviluppando un punto di vista atto a mettere in luce il lato oscuro dell’essere giovani.
Dall’Australia giunge ora questo Talk to me, diretto dal duo di esordienti Danny e Michael Philippou, un film che ha già fatto parlare per la sua spaventosa storia e che promette brividi a fior di pelle; la trama è quella di una misterioso cimelio, a forma di mano umana, capace di richiamare dall’aldilà i fantasmi a chiunque la stringa sul proprio palmo.
Pronunciando delle precise parole, una qualsiasi anima dall’altra dimensione si presenta al cospetto di chi quella mano la tiene ben stretta, dando vita ad un’esperienza extrasensoriale fuori dall’incredibile; e questo Mia (Sophie Wilde) e il suo gruppo di amici lo sanno bene, trasformando la suddetta esperienza in un motivo di mero divertimento e sballo.
Solo che una sera qualcosa va storto e la ragazza entra in contatto con qualcosa che non avrebbe dovuto conoscere, appartenente al suo tormentato passato e alla sua famiglia.
Mia entrerà in un vortice di spaventose verità, seguendo una linea di sangue che la metterà di fronte alla proprie peggiori paure personali.
Sorretto da questa costruttiva voglia di analizzare il mondo dei giovani odierni, Talk to me è un horror che basa gran parte della sua riuscita su uno spunto interessante e giocato con fare professionale, attento al genere, creando situazioni angoscianti e generando anche momenti raccapriccianti non esenti da parentesi splatter.
I fratelli Philippou, nonostante siano al primo film, sembra conoscano alla perfezione la materia e con una regia ispirata guardano spesso e volentieri ad un cinema moderno voglioso di mischiarsi con le idee di un intrattenimento vecchia maniera (non mancano parentesi che citano Nightmare – Dal profondo della notte di Wes Craven).
Ciò che però penalizza un po’ Talk to me è questa ambiziosa voglia di basare più della metà del film su visioni orrorifiche, che spesso e volentieri gettano nel caos la trama stessa senza dare una spiegazione logica al tutto; un difetto di poco conto forse, ma che porta un pizzico di estrema ambizione nelle intenzioni genuine dei fratelli Philippou.
Nonostante ciò, Talk to me rimane un titolo indirizzato a divenire in piccolo classico dell’horror moderno, uno di quelli che riesce a giocare gran parte della sua riuscita sulla perfetta analisi sociale del nucleo giovanile e sulla paranoia delle maledizioni condivise, come era successo anche al succitato It follows e al recente Smile di Parker Finn.
Mirko Lomuscio