Longlegs: recensione

Giovane rampollo che porta dietro di sé una certa eredità artistica, il nuovo regista Osgood Perkins, come molti ormai sapranno, altri non è che il figlio del ben noto Anthony di Psycho, il Norman Bates di grande tradizione cinematografica che è assurto a icona del cinema thriller/horror senza problemi, dato il seguito che si è creato dal capolavoro di Alfred Hitchcock in poi.

E con queste premesse il buon Osgood, che da attore si firmava Oz, ha deciso poi di attraversare il regno della settima arte dietro la macchina da presa, cimentandosi esclusivamente nel genere horror e portando sugli schermi un tris di titoli quali sono February: l’innocenza del male, Sono la bella creatura che vive in questa casa e Gretel e Hansel.

L’ultima sua pellicola acclamata a più voci si appresta ora ad arrivare sui nostri schermi, regalando una serie di brividi di non poco conto e seguendo le fila del thriller psicologico, essendo già stato paragonato a Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme; il film Longlegs viene quindi preceduto con queste premesse, dando subito l’idea di essere un prodotto che lascia lo spettatore con l’acqua alla gola, anche grazie alle già acclamate performance dei suoi interpreti, tra cui troviamo un Nicolas Cage nei panni di un misterioso e letale personaggio.

Siamo negli anni ’90 e la storia è quella dell’agente federale Lee Harker (Maika Monroe), una giovane recluta che viene assegnata ad un incarico scottante mai risolto, che sconvolge il paese da più di vent’anni.

L’incarico è quello di dare la caccia ad un serial killer che si fa chiamare Longlegs (Cage), un uomo a dir poco misterioso che sembra essere stato colpevole di aver ucciso determinate famiglie in alcune zone degli Stati Uniti.

La lunga indagine che seguirà Lee la porterà piano piano meandri di una certa realtà, col rischio di affondare i propri istinti in una pazzia senza ritorno, alla scoperta di un passato sconvolgente e fin troppo rivelatore.

Il fatto di essere stato accostato ad un caposaldo quale è Il silenzio degli innocenti, o come anche al suo predecessore Manhunter – Frammenti di un omicidio di Michael Mann, ha gettato questo Longlegs in un’ottica in cui certamente le aspettative si fanno alte; certo i punti di riferimento sono ben evidenti già dal plot e l’opera di Demme risuona continuamente tra i fotogrammi di questo lungometraggio, ma c’è da dire che Perkins, consapevole di tutto ciò, si muove invece in una narrativa che guarda ad una certa originale sperimentazione narrativa, concedendosi momenti che veramente possono far gelare il sangue, e l’incipit anni ’70 con la bambina adescata parla già da sé, musica agghiacciante in primis ad opera di Elvis Perkins, fratello del regista e che si firma Zilgi.

C’è quindi da lodare in Longlegs un’atmosfera degna di nota, con quel senso di retrò stilistico, sia nelle immagini (fotografia di Anders Arochi) che nel montaggio ( a cura di Graham Fortin e Greg Ng), e permea lo spettatore di pura ansia, dato che viene trascinato in una visione a tratti malsana, a tratti serrata, sfoggiando i suoi elementi vincenti nelle performance della brava Monroe e di un Cage spaventoso, avvolto da un trucco quasi caricaturale che in questo contesto fa la sua ottima scena; a loro si aggiunge la buona performance di Alica Witt nei panni della madre di Lee.

 

Quello che maggiormente si può rimproverare in Longlegs è un certo ritmo soporifero, elemento che nel cinema di Perkins è sempre stato presente, ma in questo caso viene salvato da una voglia viscerale di gettarla nell’horror puro, allontanandosi dal thriller psicologico di riferimento de Il silenzio degli innocenti e mostrando un proprio valido carattere che lo rende finora il miglior film diretto dal buon Osgood, a molti anche noto come Oz.

Mirko Lomuscio

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