Dopo il trionfo da Oscar di Parasite, torna nelle sale il genio visionario del regista coreano Bong Joon Ho, che questa volta, dopo averci regalato l’affascinante Snowpiercer nel 2013, decide di cimentarsi nuovamente in un genere quale è la fantascienza, volgendo tutta la propria immaginazione su un romanzo datato 2022 intitolato Mickey 7, scritto da Edward Ashton.
Utilizzando quindi per protagonista Robert Pattinson, ex star della saga Twilight, questo Mickey 17 parla di un mondo futuro dove il nostro protagonista, tale Mickey Barnes, pur di sfuggire da una vita di piccolo criminale svolta sulla terra si trasferisce sul pianeta Niflheim, e lo fa candidandosi a “sacrificabile”.
Il suo scopo è quello di morire più volte ed essere nuovamente clonato per scopi scientifici, in modo che studiosi e scienziati possano fare scoperte innovative sul mondo della medicina o della resistenza umana di fronte a determinate condizioni climatiche ed esistenziali.
Nonostante questa professione diventi mera routine per Mickey, arrivando a sedici decessi, con gran sorpresa la sua diciassettesima copia riesce a sopravvivere a morte certa, giungendo al campo base e facendo un’atroce scoperta: Mickey 18 è stato ormai generato e uno dei due dovrà togliersi dai piedi, altrimenti saranno condannati con l’accusa di “repliche” dalla corte e dal tirannico presidente in carica Marshall (Mark Ruffalo).
Con un’idea di cinema che riesce a raccontare sempre le cose più assurde e contorte di questa società odierna, Joon Ho stavolta, grazie ad un’ispirazione che pulsa in una pura fantasia futuristica e fantasiosa, sente il bisogno di fare proprio questo genere miscelando un contesto che amalgama un certo cinema memore di determinati sguardi registici (vi troviamo qualcosa di Terry Gilliam come anche di David Cronenberg e Paul Verhoeven) e li rende materia per una trama che non esita a mostrare sprazzi di originalità tra un argomento e l’altro.
E forse il problema primario di Mickey 17 risiede proprio qua, perché questa numerica presenza di argomenti trattati (le rigide e ciniche ditte farmaceutiche dedite allo sfruttamento di cavie, le atroci ambizioni politiche, l’incomunicabilità con altre razze), seppur buoni alla base, non trovano granché spazio per essere approfonditi degnamente qua, risultando vittime di un narrazione un po’ sconclusionata e altalenante nelle sue due ore e venti minuti di durata.
Stavolta Joon Ho pecca in ambizioni artistiche e, con questa insana voglia di parlare di tutto e di più, perde un po’ di vista l’andamento ritmico del film, che risulta essere alquanto indeciso e a lungo andare poco sostenibile; e non si parla di un brutto film, anzi, solo che Mickey 17 poteva anche essere qualcosa ben al di sopra di quello che alla fine è, perché tutti conosciamo le qualità artistiche del regista di Memoirs of a murder e Snowpiercer.
Non aiuta granché forse la presenza di un Pattinson volenteroso, il quale ricopre due ruoli contemporaneamente nel film, e di un Ruffalo sempre grandioso, qui nei panni dell’ambiguo uomo di potere Marshall, affiancati entrambi da una Toni Collette altrettanto in parte (è Ylfa, la moglie di Marshall).
Insomma Mickey 17 è un’opera che magari va vista per ciò che racconta se tanto può bastarvi, ma se avete voglia di un lungometraggio che sappia gestire determinati ritmi dobbiamo ammettere che stavolta il nome di Joon Ho non è stato all’altezza della situazione.
Mirko Lomuscio