Lunghi mesi a testa bassa a caccia di buche e squarci sul manto stradale immaginando chissà quale realtà sotterranea, portatrice con certezza di una ridicola sindrome del collo di cigno che mi contagia all’istante, regalandomi mio malgrado una postura dimessa che, a danno fatto, cerco di compensare con un portamento nobile, il viso rivolto all’insù e la schiena dritta alla ricerca della Miss Persiana più meritevole di un mio prestigioso premio mentale.
Finché un improvviso lezzo in ascesa da un marciapiede imbrattato da cani indisciplinati non mi richiama alla realtà, costringendomi ad abbassare lo sguardo per ritrovare un contatto con il quotidiano e lenire i forti dolori cervicali.
Stanca della mia solita, involontaria e vana ricerca del dettaglio che mi distoglie dal disegno globale della vita, decido di dare un senso più costruttivo alla mia esistenza facendo miglior uso dei miei pregi, rare doti d’osservazione faticosamente acquisite sui banchi di scuola, sprecate in inutili confronti tra un dosso e una lacerazione dell’asfalto, una persiana di legno pregiato e una di alluminio satinato.
Determinata, esco di casa con uno sguardo ampio sul mondo, ma inevitabilmente l’occhio si distrae e scivola su una minuscola fessura tra il cordolo del marciapiede e la superficie rugosa del catrame fino a focalizzare una sequenza di piccolissime lettere accorpate tra loro senza senso, linee nere sinuose come una colonia di operose formichine.
Le seguo per ore nella speranza di una rivelazione che giunge parzialmente dietro un angolo protetto da una sottile lingua d’ombra: riconosco il geroglifico @, rara reminiscenza scolastica di cui vado orgogliosa.
Chi mai si è prodigato a tracciare questa sequenza infinita di letterine quasi impercettibili a occhio nudo, segni microscopici che ai miei occhi si fan inspiegabilmente giganteschi. Il solito graffitaro annoiato, un disoccupato che si vuole occupare a modo suo, una manifestazione divina?
Mi guardo intorno, ma nessuno appare coinvolto quanto me nello sbrogliare la matassa del mistero. Osservo chi mi circonda, inserendomi nella loro traiettoria visiva: una bimba fissa amareggiata la sua piccola borsa rosa slabbrata, una mamma esasperata rimprovera con occhi severi le proprie creature, tre adolescenti ballano sincronizzate specchiandosi in una vetrina. Altre passeggiano spensierate. Nessuno è intento nella lettura dell’asfalto.
Del resto fino ad un attimo prima io non avevo notato la bambina, la donna, le ragazze, i passanti. Mi rassegno così a scoprire da sola chi e perché mai ha disseminato la città di scritte pressoché invisibili.
To be continued
Elisa Bollazzi
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Nota autrice:
Elisa Bollazzi nasce a Gallarate nel 1958, vive e lavora a Busto Arsizio. Diploma di maturità classica e laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne. Artista e scrittrice partecipa a numerosi concorsi artistici e letterari e dal 2015 scrive commenti emotivi di film e di libri per la webzine MaSeDomani (www.masedomani.com).
Dal 1990 si dedica con devozione a Microcollection, la sua collezione di frammenti di opere d’arte contemporanea sottratti all’oblio e presentati al microscopio durante mostre in gallerie e musei in Italia e all’estero.(www.microcollection.it)