Per circa cinque anni ha gestito una libreria a San Giovanni in Persiceto, nei pressi di Bologna. Poi, ha pubblicato alcune raccolte di poesia e opere di narrativa per ragazzi, come Tre (Bollati Boringhieri), Lo stesso discorso di sempre (Addictions), Che brutto nome mi hanno dato (EL/Einaudi Ragazzi), Stupido (Rizzoli) e Francesco vola (EL/Einaudi Ragazzi).
Dal suo romanzo Un gioco da ragazze, è stato tratto l’omonimo film. Dal libro Stupido, è stato realizzato il film Marpiccolo di Alessandro di Robilant. Scrive da sempre sceneggiature per il cinema e la televisione (L’ispettore Coliandro, Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, Squadra Antimafia, Intelligence 2) e attualmente fa la spola tra Bologna e Roma con una penna sempre in tasca, pronto a cogliere qualsiasi dettaglio per i suoi script cine-televisivi.
Tra i suoi altri titoli ricordiamo anche Iso (Fabbri, 2007) e Il cinese (Rizzoli, 2018). Ed è proprio in occasione dell’uscita del suo ultimo libro che l’abbiamo intervistato, e se avete voglia di un poliziesco dal ritmo incalzante, vi consigliamo di non perdervela, perché Andrea Cotti è bravissimo a dare forma all’invisibile “Via della seta” che, dall’Esquilino a Tor Tre Teste, si snoda a Roma, e a esplorare il regno dei nuovi padroni venuti dall’Oriente, quando il profitto è l’unica cosa che conta e la vita umana non ha più valore.
Così, come è bravo a tratteggiare il primo vicequestore italiano di origini cinesi, Luca Wu, in forza al commissariato di Tor Pignattara, quartiere dagli intrecci multiculturali, crocevia di popoli e storie. Grande è la confusione sotto il cielo della Capitale, ma la situazione è tutt’altro che eccellente. E quando proprio a “Torpigna” due rapinatori ammazzano un commerciante cinese insieme alla sua bambina, gli eventi precipitano.
In sostanza, c’è un grosso guaio nella Chinatown romana e per risolverlo serve uno sbirro come Wu. Figlio ribelle e marito infedele, esperto di kung fu e seduttore incallito, il vicequestore inizia a indagare nell’universo parallelo di una comunità tanto radicata quanto impenetrabile, misurandosi con i dubbi sulla propria appartenenza. Tra laboratori clandestini e banche segrete, inconfessabili connivenze e diaboliche speculazioni, finirà per scontrarsi con il potere delle famigerate Triadi e con il progetto di morte di un’oscura mente omicida.
Hai carta bianca e tre aggettivi per descriverti…
Tignoso, generoso, pigro.
Mai senza…?
Un pacchetto di Marlboro Light morbide e un accendino buffo.
Cosa ti piace leggere?
Storie che mi raccontino un mondo, con dentro personaggi vivi e veri. Più spesso, romanzi crime, perché i buoni romanzi di questo genere hanno queste caratteristiche, indagano un mondo e mettono in scena protagonisti forti.
Se dovessi esprimere tre desideri?
A cuore aperto: 1) essere felice con le persone che amo 2) che il romanzo venda tantissime copie e magari diventi una serie tv 3) che mia madre avesse aspettato ancora un po’ ad andarsene, così da essere qui a vedere il romanzo pubblicato e a godere con la sua famiglia di tutto questo.
La tua vita in un tweet?
Amo la Bassa emiliana perchè sembra un mare, e l’orizzonte piatto ti costringe a immaginare per riempire il vuoto.
Parlaci del tuo ultimo romanzo. A chi lo consiglieresti e perché?
Lo consiglierei alle persone che amano leggere le stesse cose che amo io. A chi cerca non solo un giallo, ma il racconto di un mondo e dei suoi misteri. A chi cerca un personaggio da cui farsi affascinare. E Luca Wu è un protagonista molto diverso dagli altri.
Come sono nati i personaggi?
Prima di tutti, appunto, è nato lui: Luca Wu. È nato perché io avevo voglia di raccontare un eroe. Un personaggio, in sintesi, che avesse le sue complessità e le sue ombre, ma che fosse senza dubbio un buono che lotta contro i cattivi. Poi, volevo che fosse un esperto di arti marziali, e siccome avevo intenzione di scrivere un giallo, doveva essere un poliziotto. E sapevo che nella storia a un certo punto sarebbero entrate le Triadi. Ma Wu è nato davvero quando Francesco Sisci, uno dei più importanti sinologi italiani, mi ha detto: “Un poliziotto italiano che indaga sulla mafia cinese non scoprirebbe niente. Perché non fai che il tuo protagonista è italiano ma di origine cinese?” Ecco, lì ho sentito un click nella testa. Il protagonista ha preso forma, e attraverso il suo sguardo poi sono arrivati gli altri personaggi del romanzo.
Le ambientazioni scelte provengono dal reale o sono anche una proiezione dell’anima?
No, le ambientazioni del romanzo sono tutte assolutamente reali. Roma, Tor Pignattara, Tor Tre Teste, la Garbatella. Bologna. Tutti i luoghi che racconto li ho vissuti, visitati e abitati.
Come puoi riassumere ai potenziali lettori il tuo romanzo? Qual è il messaggio che hai voluto trasmettere?
La storia comincia con una rapina che degenera in un duplice omicidio. Un uomo, e la sua bambina di quattro anni. C’è un’indagine che assomiglia a una scatola cinese, e una verità che svelandosi ne contiene sempre un’altra, e poi un’altra ancora, ognuna più atroce della precedente. L’unico che può aprire questa scatola cinese è un poliziotto. Italiano ma di origine cinese. Luca Wu. Solo lui, passo dopo passo, può arrivare alla verità ultima che riguarda il Male, i suoi meccanismi e la sua ferocia. Per arrivarci, però, dovrà riuscire a mettere insieme le diverse parti della sua stessa identità, perennemente spaccata in due. E dovrà essere disposto a rischiare la vita.
Ecco, questo in breve è il romanzo, il suo nucleo.
E se c’è un messaggio, è che la verità è sempre molteplice, complessa e se si vuole arrivare a scoprirne la radice più profonda bisogna innanzitutto mettere in discussione se stessi.
Sei già al lavoro su un nuovo manoscritto?
Sì, sono al lavoro sul seguito de Il cinese, una nuova storia che avrà ancora il vicequestore aggiunto Luca Wu come protagonista.
Silvia Casini
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