Il sognatore: recensione

Mi sono accostata al libro di Laini Taylor, Il sognatore, senza particolari aspettative, nonostante se ne parlasse piuttosto bene.

È un romanzo parte lentissimo, e devo ammettere, che dopo le prime cento pagine in cui non succede quasi nulla, ero tentata di abbandonarlo. Fortuna vuole che io non sono una persona che abbandona tanto facilmente un libro a metà, per cui mi sono imposta di continuare, per vedere “come andava a finire”. La scelta si è rivelata giusta, tanto che la seconda parte del libro l’ho divorata, e il finale aperto che fa capire che ci sarà un seguito mi ha lasciato di stucco, ma anche tremendamente curiosa.

Ma andiamo con ordine e partiamo dal protagonista: Lazlo Strange è un trovatello orfano che viene trovato dai monaci in circostanze strane, lo credono morente poiché ha la pelle grigiastra, ma decidono comunque di occuparsene. Il neonato si salva e diventerà un bambino vivace e pieno di fervida immaginazione.

Il sogno di Lazlo diventerà quello di trovare la città invisibile, quella a cui hanno rubato il nome, e lui sembra essere l’unico ad essersene accorto, fin da bambino.

Un giorno, infatti, mentre giocava a fare l’eroe guerriero, come i famosi guerrieri Tizerkane della leggendaria città invisibile, avvertirà infatti che qualcosa è accaduto, che qualcosa ha cancellato dalla memoria, oltre al nome della città, che ora tutti chiamano Pianto, anche la storia.

Da quel momento in poi Lazlo non farà altro che ricercare ogni cosa riguardante la città è la sua storia, da bambino fino a che non sarà adulto. Lascerà la vita grigia e opprimente coi monaci per finire a fare il bibliotecario nella grande biblioteca della città di Zosma fino al giorno in cui, ormai adulto, non verrà scelto da Eril-Fane, il leggendario massacratore degli dèi, per far parte di una delegazione di illustri stranieri Faranji pronti a partire per un viaggio che li porterà attraverso il deserto, per salvare proprio la città di Pianto, il sogno di Lazlo.

E qui che tutta la bravura dell’Autrice entra in gioco. La Taylor è stata in grado di ricreare un ambiente immaginifico carico di pathos e di mistero, dove nessun personaggio è lasciato al caso, e persino i personaggi secondari sono tratteggiati con una certa profondità e un perché.

Ci sono gli umani, e ci sono i figli degli Dei, di cui i primi ignorano l’esistenza a Pianto.

Da entrambe le parti, sulla terra e in cielo ciascuno è convinto di essere nel giusto ad odiare l’altri.

Gli umani temono gli dèi per tutto quello Che hanno dovuto subire, i discendenti degli dei, che altro non sono che cinque ragazzi costretti a vivere in una fortezza nel cielo, isolati da tutto, sono convinti che gli umani abbiano le loro colpe, in quanto loro sono gli unici superstiti di un massacro di dei, compiuto proprio dal valoroso Eril-Fane, che proprio per questo si è guadagnato quel soprannome così austero è terrificante.

Questo romanzo, fino alla fine, insegna che non bisogna mai fidarsi della prima impressione, che il diverso non sempre fa paura e che i cattivi non sono del tutto malvagi, così come i buoni, non sempre si comportano bene.

Tutto dipende dal punto di vista che si ha sulle cose, e dalle scelte che si fanno in base alle proprie convinzioni.

“Sarai smise di camminare. «Pensi che le brave persone siano incapaci di odiare?», gli chiese. «Pensi che le brave persone non uccidano?». Il suo respiro si fece corto e lei si accorse di aver stritolato nella mano il fiore di Lazlo. Lasciò cadere i petali nell’acqua. «Le brave persone agiscono esattamente come quelle cattive, Lazlo. È solo che quando lo fanno loro, la chiamano giustizia».

Lazlo è un sognatore, perché crede nella verità delle leggende e delle favole, crede nella magia, crede nella implicita bontà delle persone, ma in fondo non lo siamo un po’ tutti noi così ottimisti, finché qualcuno non ci fa aprire gli occhi? Finché qualcuno non ci delude?

Questo libro parla di un mondo fantastico, visionario con scenari meravigliosi dal sapore orientale, e anche un po’ gotico, ma soprattutto parla dei sentimenti, dell’amore, dell’onore, dell’odio, della paura e della speranza, tutte emozioni molto umane, molto vere, in cui chiunque si può riconoscere.

È uno di quei fantasy che non ti aspetti tra la delicatezza più assoluta di alcune scene, e la crudezza più totale di altre.

Nonostante la lunghezza, e la lentezza a tratti quasi soporifera, direi che può essere promosso a pieno titolo tra quelli preferiti di questo anno, almeno per quanto mi riguarda. Non resta che aspettare il secondo romanzo che conclude la saga.

 

Samanta Crespi

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