Nuovo racconto per il #writober2018.
Buona lettura.
Ladyhawke83
“Lucienne? Lucienne, sei sveglio?” Chantal con una mano delicatamente scuoteva suo marito per parlargli.
“Che cosa c’è Chantal? Sai che ore sono, domani devo alzarmi presto!” Rispose lui, un po’ seccato.
Nonostante avessero appena finito di fare l’amore, Luciano si era rigirato nel letto addormentandosi come un orso che va in letargo.
“C’è vento forte, e lo sai che quando c’è vento non riesco a dormire…” gli ricordo lei con voce stanca.
“Insomma, non fare la bambina…Girati e dormi. Se proprio non riesci alzati e fai qualcosa…” Disse lui, senza cattiveria, solo che quella non era esattamente la risposta che lei voleva sentirsi dire, anzi forse non voleva sentirsi rispondere nulla. Chantal voleva solo essere abbracciata, rassicurata da quelle forti braccia, che un tempo erano un rifugio sicuro per il suo cuore e la sua anima.
“Ah, io sarei la bambina?” Saltò su lei, quasi gridando.
“E tu che, ogni volta che c’è un orage giri per casa come un animale in pena?” Gli Ricordò lei abbastanza stizzita e, ogni volta che perdeva il controllo, le uscivano parole sbagliate, oppure in francese. Chantal si odiava per questo, perché il marito non mancava mai di farglielo notare.
“Temporale, si dice Temporale” La corresse lui “E poi è successo solo una volta e non era un temporale normale bensì una tromba d’aria”.
“Cosa fai? Torna a letto” tentò di richiamarla Luciano, ma lei già si stava alzando, troppo delusa dalle parole del marito, per stare ancora nel letto accanto a lui.
“Me lo hai detto tu, se non riesci a dormire, fai qualcosa. E io farò qualcosa…” Tutto quello che Chantal aveva desiderato pochi minuti prima si poteva semplicemente riassumere in un abbraccio, un gesto amorevole che esulasse dal contesto del desiderio e del sesso, ma tutto quello che aveva avuto da Luciano era una certa freddezza.
Probabilmente nelle parole del marito non c’era vera cattiveria, ma forse un certo disinteresse sì.
Ormai entrambi si erano abituati a far due vite molto differenti e questo si rifletteva anche tra le mura domestiche, sotto le lenzuola.
“Come vuoi. Buonanotte.” Fu la lapidaria risposta che giunse dalla camera da letto.
Chantal sospirò e, per qualche minuto, rimase nel soggiorno, che era quasi completamente al buio, se non per la luce del lampione che filtrava attraverso le vecchie persiane verdi e sbilenche.
Tra un sibilo di vento e l’altro contro le finestre, giù nelle strade, su per le scale, lei aspettò speranzosa che magari Luciano si alzasse per avvolgerla in un abbraccio e riportarla a letto. Quando lo sentì russare capì che non sarebbe venuto a scusarsi, né a stringerla a sé, quindi si chiuse la vestaglia in vita e, a piedi nudi raggiunse la scrivania nell’altro locale che separava, come fosse un’anticamera, il soggiorno dalla cucina e dal bagno.
Prese carta e penna dal cassetto scorrevole, accese la luce da tavolo e iniziò a disegnare.
Mise sulla carta tutto il nervosismo che quel vento le provocava, unito al dolore strisciante di non sentirsi più al centro dell’attenzione del suo uomo.
Quello che ne venne fuori fu una figura, quasi astratta, ma dai contorni scuri e marcati, che fronteggia, immobile, un’onda composta di vorticose e linee minacciose.
Così si sentiva lei e così le appariva quel momento della sua vita, come una zavorra che le impediva di lasciarsi trasportare dagli eventi, le onde, e nello stesso tempo non le permetteva di proteggersi, l’immobilità.
{570 parole}
{7 ottobre. Prompt: Vento}
Samanta Crespi
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