Bolshoi Babylon: recensione

Approda nei cinema italiani il 2 e 3 maggio, dopo essere stato presentato al 40° TIFF –Toronto International Film Festival, il documentario che svela gli intrighi e i segreti del teatro più famoso ed ammirato della Russia e dal mondo: Bolshoi Babylon.

I registi Nick Read, noto per aver realizzato documentari in luoghi difficili e pericolosi nelle carceri israeliane e negli ospedali di Kabul, e Mark Franchetti, premiato come miglior corrispondente estero per la copertura dell’assedio al teatro di Mosca ed i reportage sugli abusi subiti dalla popolazione civile in Iraq, per la prima volta nella storia, grazie al consenso delle autorità del teatro Bolshoi di Mosca, entrano nel dietro le quinte del prestigioso palcoscenico.

I due autori fanno chiarezza su alcuni aspetti della vita di questi artisti, su cui pesa la grande responsabilità di mantenere intatta la gloriosa reputazione del balletto che da sempre affascina appassionati e non del genere. Ciò che si cela dietro sono una fitta rete di gelosie e invidie che nascono dal solo obiettivo di essere i migliori.

Ogni ballerino e ballerina brama il Bolshoi ed è consapevole che entrarne a far parte vuol dire avere la possibilità di raggiungere il successo assoluto, di annullare completamente la propria personalità, dedicandosi esclusivamente alla danza attraverso una rigida disciplina, che soffoca sentimenti ed emozioni, che lascia spazio alla fatica e al dolore, vivendo giorno e notte nel e per il teatro.

Attraverso lo scandalo, avvenuto il 23 gennaio 2013, che coinvolse l’ex primo ballerino e in seguito direttore artistico, Sergei Filin, viene mostrato un vero e proprio microcosmo misterioso e complesso, dove si è disposti a tutto pur di raggiungere la prima fila.

Filin fu aggredito sulla porta di casa da un uomo mascherato che gli gettò sul volto dell’acido solforico, riportando gravi ferite e rischiando di perdere la vista. L’episodio fece cadere la compagnia in un profondo sconforto e smarrimento, e in seguito all’identificazione del colpevole, Pavel Dmitrichenko, ballerino solista il quale aspirava al ruolo di direttore artistico, si crearono due schieramenti, uno in sostegno della vittima, l’altro del carnefice, evidenziando così i giochi di potere e i rancori reciproci.

Dopo un periodo agitato e incerto con l’intervento del Cremlino, il 19 settembre 2013, venne nominato al fianco di Filin, in via di guarigione, Vladimir Urin, alla direzione fino a quel momento del Teatro Stanislavsky.

Ciononostante la situazione non migliorò, non solo a causa delle divergenze, sempre esistite tra i due uomini, che si concluse con il licenziamento di Filin nel 2015, ma anche dalle lamentele del corpo di ballo di essere trascurato, e del non giusto riconoscimento nei confronti dei ballerini con maggiori capacità.

Ad arricchire la pellicola le interviste di alcune stelle della compagnia, come Maria Alexandrova, prima ballerina per ben 13 anni, Maria Allash e Anastasiya Meskova che testimoniano e confermano la dedizione e gli immensi sacrifici.

In sostanza, possiamo concludere dicendo che il teatro Bolshoi resterà sempre avvolto nel mistero, ma continuerà sempre a farci sognare con la magia dei suoi spettacoli, ove i suoi artisti danzano trasportandoci in mondi lontani in cui tutto è possibile.

 

Emanuela Giuliani

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