Borderlands: recensione

Direttamente da un videogioco sviluppato dalla Gearbox Softwar arriva la nuova opera del regista Eli Roth, artista capace di passare dai più svariati titoli di genere horror (Hostel, The green inferno, Thanksgiving) a quelli di un certo richiamo più commerciale (Il giustiziere della notte, Il mistero della casa del tempo), cercando di mantenere una certa ispirazione registica che riesca a mantenerlo nella media dell’intrattenimento.

Con Borderlands il nostro sconfina per la prima volta nel genere fantascientifico, di quello adolescenziale, toccando i picchi del blockbuster spettacolare tra richiami proto cinecomic e scene a suon di pesanti effetti speciali, il tutto con alla guida un cast ben variegato e di prim’ordine, cui troviamo in testa una Cate Blanchett in versione bad girl, cacciatrice di taglie che vivrà un’avventura futuristica in un pianeta abbandonato e abitato dalle creature più pericolose.

 

Siamo in un mondo dove la tecnologia di Atlas (Edgar Ramirez) prende il sopravvento su tutto, condizionando l’esistenza degli uomini e degli altri abitanti dell’universo, i quali ormai vivono in un contesto al di al del pensabile; in tutto ciò agisce la predatrice Lilith (Blanchett), una pericolosa donna che vive nelle proprie regole, catturando criminali e riscattandone la taglia.

Un giorno è lo stesso Atlas a chiederle una delicata missione, andare a Pandora, temuto pianeta natale di Lilith, e recuperare una bambina di nome Tiny Tina (Adriana Greenblatt), fuggita assieme ad un soldato di nome Roland (Kevin Hrt) e ad un detenuto chiamato Krieg (Florian Munteanu).

A malincuore la cacciatrice accetta la missione e giunge nell’odiata Pandora con l’intenzione di portare a termine quanto previsto, andando incontro ad una lunga avventura piena colpi di scena e di situazioni pericolose, ritrovando nel suo cammino anche un robot logorroico di nome Claptrap e una vecchia conoscenza quale è la scienziata Tannis (Jamie Lee Curtis).

Lontano dai guizzi da cinema di serie B che lo ispirano in determinate piccole produzioni, Roth, nonostante anche qua dia sfogo ad una certa voglia di sbizzarrirsi in idee di genere, con Borderlands dimostra però malamente che l’esperienza nel blockbuster spettacolare non rientra proprio nelle sue corde.

Sorvolando totalmente il plot da videogame che scimmiotta ovviamente un prototipo immancabile come quello nato da Guerre stellari in poi, con picchi di ispirazioni visive prese da titoli come Tank girl, sia fumetto che film di Rachel Talalay, Roth cerca di costruire il suo personale Guardiani della Galassia, sfruttando un gruppo di personaggi particolari al cospetto di un’avventura fantascientifica buona per palati molto giovani; ciò che ne viene fuori però è un film dall’andamento assordante, una sorta di baraonda sonora e visiva che poco fiato dà allo spettatore qualunque, gettandolo in un prodotto che dell’originalità ne fa proprio a meno e facendo i conti col fattore noia che imperversa di momento in momento.

 

 

In Borderlands addirittura una protagonista come la Blanchett può sembrare sprecata, nonostante la stessa attrice ce la metta tutta seppur fuori target per il tipo di ruolo affidatole, ed il contorno anche, composto da una rosa di nomi niente male che vanno da Hart alla Curtis con in più anche Gina Gershon nei panni della sexy Moxxi e in originale un Jack Black voce di Claptrap, risultano abbastanza anonimi e fini a se stessi, vittime di una narrazione roboante e sbrigativa, mirata a intrattenere un pubblico composto da gamer adolescenti in cerca del pop corn movie giusto.

E forse con questo Borderlands neanche loro ne usciranno pienamente soddisfatti purtroppo.

Mirko Lomuscio