Probabilmente il più bello dei romanzi di David Grossman, Che tu sia per me il coltello (2007) è una storia eterna, che potrebbe essere collocata con pochi aggiustamenti, in un qualsiasi frammento di storia e di tempo, nella Londra di Shakespeare, o dentro una poesia di Emily Dickinson o nel nostro presente fatto di Snapchat o Direct.
Un uomo e una donna. Lui vede lei, per caso. Vede il modo in cui si stringe le braccia al corpo, e sembra volersi isolare dal resto. Ne rimane colpito. Le scrive. Le chiede di rispondergli. Lei a sua volta rimane colpita. Quasi lusingata. Risponde. Nasce un rapporto epistolare. Solo parole.
Parole che scavano, nel profondo dell’uno e dell’altra, senza filtri né inibizioni, e li induce a spingersi sempre oltre, oltre le barriere del pudore e dell’intimità, oltre i conformismi, o il bisogno di apparire diversi. Il rapporto diventa amore, ma è un amore libero, fatto di una sincerità disarmante, quasi crudele a tratti. Perché è la solitudine e un senso di incomprensione profonda che spinge i due ad aprirsi vicendevolmente, in una scoperta meravigliosa che è fatta di attese, emozioni, paure. Come e più di un amore “normale”.
I sentimenti e la passione sono condizionati – avvolti – dal potere della scrittura. La lenta conquista, e presa di possesso della mente dell’altro, procede in modo sensuale, seducente, romantico.
Non vi dirò se decideranno mai di incontrarsi. Ci mancherebbe. Dico solo che oltre a una scrittura potente, fluente, ammaliante, c’è alla base uno spunto narrativo straordinario, che mette a nudo l’animo del lettore oltre che quella dei protagonisti.
Sarei felice di poter dire a me stesso: “Con lei ho stillato verità. Sì, è questo che voglio. Voglio che tu sia per me il coltello, e anche io lo sarò per te, lo prometto. Un coltello affilato ma misericordioso – parola tua.
David Grossman, (Gerusalemme 1954) è un autore israeliano di romanzi, libri per ragazzi e saggi, tradotto in tutto il mondo.
Eleonora Carta
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