Autore, tra l’altro, de La cagna e La grande abbuffata, nei primi anni Novanta un grande vecchio del nostro cinema quale è stato Marco Ferreri vide una sorta di nuova via del successo, avendo trionfato al festival di Berlino nel 1991 grazie a La casa del sorriso, con tanto di Orso d’oro per il miglior film, e aprendo le porte dello scandalo nel medesimo anno tramite il conturbante La carne.
A seguito di ciò, il regista, che della provocazione e del morboso ha sempre fatto un marchio di fabbrica, decise nel 1993 di realizzare un ulteriore lungometraggio: Diario di un vizio, ovvero la storia di un uomo ossessionato dal proprio virilismo e del suo rapporto seducente con l’altro sesso, considerati i continui incontri che ha con le donne.
Per un personaggio così sopra le righe, sempre nei canoni del cinema ferreriano e, comunque lontano da determinati principi ironici, l’autore milanese decise di indirizzarsi verso un’icona della risata anni Ottanta come Jerry Calà, l’indomito interprete di tanto cinema vanziniano esploso grazie a titoli quali Sapore di mare e Vacanze di Natale, dove ha sfoggiato l’indole da cabarettista che lo ha formato, tra l’altro, col suo gruppo comico dei Gatti di Vicolo Miracoli (composto insieme a Umberto Smaila, Franco Oppini e Ninì Salerno).
Sotto la direzione di Ferreri, quindi, il buon Jerry ebbe modo di cimentarsi in qualcosa di alternativo per la sua carriera, delineando un personaggio assurdo e ossessivo, un tizio sempre pronto ad annotare tutto sul proprio diario.
Questo è il suo Benito, rappresentante di detersivi che vaga per la capitale italiana con l’idea fissa dell’amore per le donne, soprattutto per l’amata Luigia, interpretata da una giovanissima Sabrina Ferilli prossima ad una carriera ricca di allori.
Le sue diverse traversie erotomani lo portano, quindi, verso ardue decisioni, l’importante è che non manchi mai la passione a fargli compagnia, come pure la gelosia.
E Diario di un vizio è tra le opere conclusive che maggiormente tentano di mantenere alta l’ispirazione del grande regista, sfoggiando quel sottile sarcasmo tipico del suo cinema, tra folli parentesi esistenziali volte a guardare maggiormente al sociale (siamo nella Roma degli anni Novanta) e senso per l’adulazione femminile.
Un racconto che si svolge in piccoli capitoli e che attraversa una nuova osservazione rivolta all’altra metà del cielo, esternando ancora una volta quel fascino infinito che la donna possiede e che Ferreri non poteva fare a meno di analizzare.
Gran parte del lato provocante del film è affidato, come già detto, ad una splendida Ferilli, la quale mostra già le sue doti di attrice (e molto più) senza sfocare in ironia, affiancata anche dalla breve presenza di alcuni nomi altisonanti come Cinzia Monreale (icona horror grazie alla sua collaborazione con Lucio Fulci) e la pornostar Jessica Rizzo.
Insomma, con Diario di un vizio il maestro Ferreri mostrò ancora quanto fu vivo il suo senso di graffiare e affascinare anche a carriera quasi conclusa, gestendo un’ispirazione che portò altri lungometraggi simili al suo (l’anno seguente sarebbe arrivato Caro diario di Nanni Moretti, opera non molto diversa formalmente da questo film).
Edito in dvd da CG Entertainment (www.cgentertainment.it).
Mirko Lomuscio