Diva futura: recensione

In un’epoca come la nostra, dove la voglia di biografie ha preso molto la mano, anche la storia vera di un personaggio insolito come Riccardo Schicchi può far gola a qualche personalità cinematografica, magari tirando fuori dal carattere di questo singolare manager delle pornodive uno spaccato dell’epoca anni ’80 e ’90, dove il trasgredire non era all’ordine del giorno come oggi, ma era solo materia per persone capaci di gestire tali stratagemmi esibizionisti.

Sta quindi alla Groendlandia, casa di produzione di Matteo Rovere, prendere in mano questa vicenda e tirarne fuori un prodotto ricco di situazioni, facendo il paio con un’altra operazione come la recente serie tv Supersex interpretata da Alessandro Borghi, ovvero la storia dell’attore hardcore Rocco Siffredi.

Per la regia di Giulia Louise Steigerwalt, ex attrice prodigio venuta fuori alla fine degli anni ‘90 con Come te nessuno mai di Gabriele Muccino, ora promossa dietro la macchina da presa dopo il lodato esordio Settembre, Diva futura è quindi la storia della nota agenzia che dà il titolo al film e del suo stralunato padrone, Riccardo Schicchi, interpretato da Pietro Castellitto, il cui pensiero di successo e clamore si fecero strada nel mezzo degli anni ’80 e ’90.

La sua idea di cosa fosse il sesso e l’erotismo, come anche la pornografia stessa, si mostrò in tutta la propria sincerità di fronte ad un vasto pubblico, che con clamore risposero portando in gloria celebrità dell’intrattenimento hardcore come Cicciolina (Lidija Kordić), Eva Henger (Tesa Litvan) e Moana Pozzi (Denise Capezza), bellezze femminili e volti immagine della factory di Schicchi, con le quali l’uomo condividerà più di un momento professionale e personale, tra alti e bassi di una carriera lastricata d’oro ma destinata a rimanere un lontano ricordo verso l’inevitabile futuro.

Ed il tutto sotto lo sguardo, a volte incredulo, a volte malinconico, della segretaria di Riccardo, Debora Attanasio (Barbara Ronchi), le cui esperienze diverranno materia per il libro Non dite alla mamma che faccio la segretaria, da cui è tratto questo lungometraggio.

Con un ritmo incalzante che prende piede dalle prime immagini, Diva futura della Steigerwalt è un prodotto che già da queste premesse dimostra la volontà di essere una sorta di Boogie nights – L’altra Hollywood in salsa nostrana, aleggiando la macchina da presa di momento in momento e seguendo la crescita professionale del protagonista Schicchi, interpretato da un perfetto Castellitto, il quale viene descritto come una sorta di lucido professionista e luminare dello scandalo, senza dover per forza usufruire di determinate volgarità ma utilizzando il sesso femminile in tutta la propria fascinazione.

E a dirla tutta Diva futura si difende anche bene, perché la Steigerwalt dimostra di saper raccontare questa piccola epopea italiana, anche con mano più sicura del precedente Settembre sinceramente, alternando passato e presente con decisione narrativa e senza perdere di vista le principali vicende legate a Schicchi e al suo contorno (il divorzio da Cicciolina, il matrimonio con la Henger, la morte di Moana, lo strambo rapporto professionale con Debora), fino a giungere ad un epilogo che (forse) molti conoscono e che, in chiusura, vorrebbe descrivere quell’epoca d’oro dell’hard come una certa rivoluzione, non solo sessuale, ma anche dell’essere umano in sé.

E forse è proprio qua che casca l’asino, perché in fin dei conti questa morale troppo facile non rende giustizia a Diva futura che, tra una colonna sonora ricca di brani iconici (tra i molti Words di F.R. David e Son of a preacher man di Dusty Springfield) e un Castellitto più in parte del solito, anche perché il ruolo di Schicchi gli sta a pennello data la sua spensieratezza espressiva, mostra anche degli elementi ben accettabili e degni di una decente visione.

Mirko Lomuscio

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