Gordon Wilson non si sarebbe dovuto trovare in quella casa. Inebriato dal fascino di una giovane sconosciuta, così simile a sua moglie Una, dà inavvertitamente vita a un incendio e, dalle fiamme, scivola nella realtà la sinuosa figura di una tigre. Gordon fugge, lasciando la propria famiglia disorientata.
È un passaggio di testimone, quello con la figlia Liz, che da Bristol si reca a Londra alla ricerca del padre, per scoprire infine antichi prodigi e svelare i misteri degli Wilson. Passato e presente si intrecciano nella simbologia della specularità. Un viaggio fatto di incontri bizzarri con personaggi eterei, in equilibrio tra il mondo del visibile e quello dell’invisibile, tra l’universo tangibile e quello dell’immaginazione.
Ecco l’impasto narrativo del romanzo di esordio di Omar Viel. Si tratta di un cammino esistenziale, fisico, letterario, con incursioni nel poetico. Un romanzo composito nel quale si innesta un generoso tributo al Romanticismo inglese, che invita a lasciar andare gli ormeggi della ragione per abbandonarsi al dominio del possibile.
Per saperne di più, abbiamo intervistato l’autore. Buona lettura! 😉
Hai carta bianca e tre aggettivi per descriverti…
Elusivo. Intuitivo. Mistico.
Mai senza…?
La tradizione.
Cosa ti piace leggere?
Romanzi che hanno lasciato il segno in termini di scoperta e innovazione. Due opere per tutte: Genji monogatari di Murasaki Shikibu e La sinagoga degli iconoclasti di Juan Rodolfo Wilcock.
Se dovessi esprimere tre desideri?
Costruire un ponte tra i due Regni, il visibile e l’invisibile, attraversarlo e ritornare in compagnia di Annemarie Schwarzenbach e Georges Perec.
La tua vita in un tweet?
Il mio non è un nome di fantasia. È insolito anche per la terra di confine dove sono cresciuto. Mi chiedo se l’estraneità che provo per ogni luogo non dipenda da questo. Se il mio nome non sia un vuoto da riempire.
Parlaci del tuo romanzo. A chi lo consiglieresti e perché?
Lo consiglierei a lettori disposti a lasciare andare gli ormeggi della ragione per abbandonarsi al dominio del possibile. A chi è interessato a capire, una volta per tutte, che vedere richiede ispirazione.
Come sono nati i personaggi?
In un certo senso erano già dentro la storia. Si sono presentati durante la sua gestazione, senza bisogno di cercarli.
Le ambientazioni scelte provengono dal reale o sono anche una proiezione dell’anima?
Bristol e Londra, le due città dove si svolge l’azione, sono reali, descritte con precisione topografica. Ma nell’insieme prevalgono le atmosfere magiche e il richiamo al mistero. Si parla di una tigre che fugge dal soffitto dov’è dipinta, di una madre capace di attraversare le pareti, di una figlia che partecipa a un concerto postumo di Jimi Hendrix. Ci sono riferimenti all’escapologia, alla bilocazione, al daimon.
Come puoi riassumere ai potenziali lettori il tuo romanzo? Qual è il messaggio che hai voluto trasmettere?
Fulgore della notte (il titolo è ripreso da un verso di Blake tradotto da Montale) racconta le vicende di una famiglia. Ma è anche, e soprattutto, un romanzo di iniziazione. Il registro dominante è senz’altro quello epico: il motivo del viaggio scaturito dalla ricerca, la presenza dell’oggetto magico come accessorio indispensabile all’eroe. Quanto al tema centrale, direi che è rappresentato dalla riflessione sul senso che assume l’idea di spirito nella vita di oggi: l’insieme delle emozioni, delle spinte vocazionali o la semplice energia che mette in relazione gli esseri umani.
Sei già al lavoro su un nuovo manoscritto?
Sto lavorando a una “cena al veleno”. La storia di un artista e del suo biografo che si incontrano per cena in un ristorante di Londra. Non un semplice ristorante, ma un ristorante dove servono il fugu. Un rituale consolidato negli anni che sancisce il loro legame e che potrebbe rivelarsi fatale.
Silvia Casini
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