Il mio vicino Totoro: recensione

La storia, ambientata negli anni ’50, racconta l’indimenticabile estate vissuta dalle sorelle Satsuki e Mei (la prima di 11 anni e la seconda di 4), trasferitesi assieme al padre a Matsu no G, un piccolo villaggio di campagna circondato da foreste, campi coltivati, fiumi e molte risaie, lontanissimo dagli stereotipi del Giappone super tecnologico, per stare più vicine alla madre, ricoverata in ospedale per una malattia.

Le bambine entusiaste esplorano la casa e Mei scopre in soffitta dei curiosi animaletti neri che sono in realtà “nerini del buio” e non amano la luce e il chiasso, quindi dopo poco se ne vanno e si scopre, dal racconto di un’anziana signora che vive vicino alla dimora dove si sono trasferite le bambine, che questi piccoli esserini, in realtà, sono degli spiriti: creature della mitologia giapponese; il loro nome originale è susuwatari o anche makkuro kurosuke.

Sono degli spiritelli timidi e sono la personificazione della cenere dei caminetti. Solo i bambini sono in grado di vederli e lo stesso vale anche per Totoro, un curioso animale che stringe amicizia con Satsuki e Mei. Il suo aspetto è proprio quello di un grosso animale, molto simile a un gigantesco tanuki. È un essere calmo e bonario, che ama dormire, e può rendersi invisibile a tutti, mostrandosi solo a chi effettivamente desidera. Pare essere il custode e protettore della foresta.

La foresta e i paesaggi circostanti il villaggio, così come l’ambientazione del film Il mio vicino Totoro, sono un inno alla natura, ai ritmi lenti di chi vive lontano dalle grandi metropoli e di chi sa che bisogna avere sempre rispetto del luogo in cui si vive.

Totoro farà spesso visita alle bambine, lascerà loro addirittura un regalo fatto con foglie, semi e ghiande, che Satsuki e Mei pianteranno nell’orto davanti a casa, nella speranza di vederli crescere e germogliare, anche per fare una sorpresa alla mamma malata che sta in ospedale.

Nel vedere questo capolavoro di animazione non si può non rimanere colpiti dalla dolcezza delle bambine, non si può non essere contagiati dall’emozione della piccola Mei di fronte a ciò che la circonda, come solo una bambina di 4 anni può osservare il mondo: con meraviglia, stupore e innata fiducia.

Lei crede in Totoro e alla fine ci crederà anche la sorella più grande Satsuki.

Questo film d’animazione ha un chiaro messaggio per gli adulti, ed è quello di sospendere il giudizio di persone mature e disincantate per tornare bambini, tornare a credere alla fantasia, all’immaginazione. La scena migliore a questo proposito è quella del padre delle bimbe che, mentre fanno il bagno insieme, si mette a ridere fragorosamente per allontanare i nerini del buio. Una scena divertente, dolce, leggera.

I più piccoli, invece, amano Il mio vicino Totoro, perché parla proprio a loro, con i giusti tempi, colori, suoni e parole. Viaggiare insieme a Totoro e ai suoi piccoli amici invoglia alla scoperta di una natura magica, e benevola, dove fantasia e realtà si fondono su di un improbabile gattobus (bakeneko: un gatto evolutosi in una creatura sovrannaturale), con 12 zampe che porta i passeggeri ovunque desiderino andare. In buona sostanza, un viaggio imperdibile ed emozionante.

E se anche voi volete ritrovare lo stupore insito ne Il mio vicino Totoro, da oggi potrete farlo grazie a Trenta editore che con La cucina incantata – Le ricette tratte dai film di Hayao Miyazaki vi aiuterà a portare a tavola tanto bento e un pizzico di magia.

 

Samanta Crespi
 
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