Sonea non riusciva a prendere sonno, si rigirava nel proprio letto che, quella notte, le sembrava tutt’altro che un giaciglio comodo e rassicurante, piuttosto una gabbia dorata.
Le parole di Akkarin continuavano a tornarle alla mente, come un pensiero fisso e doloroso.
“Sono stato uno schiavo…”
“Ho fatto cose di cui non vado fiero…”
“Se gli Ichani decideranno di attaccare, la Corporazione e forse tutta Kyralia sarà in pericolo…”.
Come poteva lei dormire serena, dopo tutto quello che il Sommo Lord le aveva rivelato riguardo alla Magia Proibita e sul proprio oscuro, nonché travagliato, passato?
In più la consapevolezza di Sonea di essere l’unica designata a custodire quella scomoda verità, oltre al fedele Takan, la faceva sentire spaventata e confusa. Ripensandoci, forse aveva commesso un errore nel proporsi di aiutare Akkarin nella sua impresa solitaria di proteggere la Corporazione facendo fuori le spie sachakane, però, Sonea, si disse che, la sua, era stata una decisione giusta, ma c’era dell’altro. Qualcosa che non scaturiva solo dal suo personale bisogno di rendersi utile per salvaguardare la Corporazione, ma soprattutto sentiva di doverlo fare per Akkarin.
La giovane protetta del Sommo Lord, sotto la sua custodia da più di un anno ormai, dopo che lui le aveva fornito dei libri antichi e dimenticati, e raccontato della propria vita da schiavo, aveva lentamente cambiato opinione sul suo conto, arrivando a vederlo sotto una luce diversa, più benevola. Non aveva certo perdonato Akkarin per averla separata dai suoi amici, da Rothen, da Ceryni, o per averla minacciata in più di un modo, però ora sembrava comprendere meglio da dove scaturiva quella sua durezza di carattere e sua estrema insistenza nel voler mantenere il segreto su tutto ciò che riguardava la magia nera.
“Tutto qui?” Gli aveva chiesto lei, dopo che lui le aveva mostrato in che cosa realmente consisteva quella magia così tanto temuta, utilizzando, per lo scopo, il fedele Takan come cavia.
“A uccidere s’insegna in un secondo…” Aveva risposto lui, dopo averle chiesto di guarire la piccola incisione sul braccio del servitore.
Quell’episodio era accaduto ormai settimane addietro. Quella notte invece, quella stessa in cui la giovane Sonea vagava insonne per la propria stanza, giusto poche ore prima, si era consumato lo scontro con quella donna, quella spia Ichani, in cui erano stati coinvolti sia lei, che Akkarin, e che l’aveva costretta ad agire.
Quella era stata la sua prima vittima, il primo essere umano che aveva ucciso usando la magia nera. Era rimasta scossa, turbata, stupita, nel momento in cui se ne era resa conto.
Lei aveva ucciso qualcuno.
“Respira Sonea” Le aveva detto Akkarin, posandole le mani sulle spalle, poi con un gesto dolce, e banale al tempo stesso, le aveva tolto un pezzetto di sporcizia dai capelli.
Là, dove lui l’aveva toccata, Sonea poteva avvertire ancora un certo fremito, nonostante fossero passate alcune ore.
Non riusciva davvero a chiudere occhio, così pensò che forse parlare col Sommo Lord l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee, a perdonarsi, ad accettare una volta per tutte che il fatto che lei avesse ucciso un’altra persona. Il fatto che fosse accaduto per difendere se stessa o Akkarin, non era certo sufficiente a renderlo un gesto meno deprecabile.
“Non è piacevole vero?” Le aveva chiesto lui, mentre lei ancora sgomenta fissava inorridita il cadavere di quella donna, giacere in mezzo alla polvere e alla devastazione, con gli occhi vitrei e il corpo immobile, senza più un briciolo di forza magica al suo interno. Sonea, involontariamente, aveva risucchio sto tutta la sua energia tutta tramite la ferita che le aveva inferto e, per un momento, un solo istante, la giovane maga, si era sentita viva come non mai. Tutta quell’ebbrezza di potere, però, era durata poco, prima di essere spazzata via dal senso di colpa opprimente che aveva invaso la mente di lei.
Così erano queste le conseguenze dell’uso della magia proibita?
La ragazza, chiusa nella sua stanza, cominciò ad avvertire un senso di soffocamento, come se le pareti si fossero fatte improvvisamente più piccole.
La determinazione di voler essere di sostegno nella lotta solitaria di Akkarin contro i reietti stranieri, intenzionati ad invadere Kyralia, cominciò a sgretolarsi e a venire meno, sostituita da mille dubbi.
Sonea ripensò al Sommo Lord, alle sue parole, alla sua sofferenza e al suo sacrificio. Lui aveva fatto di tutto pur di proteggere la Corporazione, quella stessa Corporazione che non avrebbe esitato un secondo a mandarlo a morte, anzi, a mandarli a morte, se avesse saputo che sia Akkarin, che la sua protetta, avevano fatto uso della magia nera.
Sonea sussultò quando sentì bussare alla propria porta.
Chi poteva essere a quell’ora tarda?
Forse Takan?
Con un lieve gesto della mano, la ragazza, comandò alla porta di aprirsi e rimase quasi inebetita quando si trovò di fronte la figura alta e severa del Sommo Lord, in abiti non ufficiali.
Non indossava la solita tunica nera coi ricami dorati, che tanto lo faceva apparire minaccioso e distante.
“Perdona il disturbo Sonea. So che è notte fonda, e capisco bene che sarai esausta, ma volevo farti sapere che c’è stato un omicidio, e la Corporazione pensa che sia io il colpevole”. Akkarin si interruppe, quasi sospirando “Hanno trovato un brandello della mia tunica, con l’incal della mia casata inciso sopra, nella mano di una delle vittime”. Akkarin fece una pausa, per guardare meglio negli occhi Sonea, lei deglutì, ma non proferì parola.
“Tra poco saranno tutti qui, per interrogarmi e, molto probabilmente, arrestarmi. Volevo solo che tu lo sapessi… io negherò qualsiasi tuo coinvolgimento volontario con me, o con la storia della magia nera”. Disse lui, volgendo distrattamente lo sguardo sui libri antichi che le aveva donato da studiare, tempo prima.
“Volevate dirmi solo questo? Posso fare qualcosa per impedire loro di accusarvi?” Chiese Sonea, turbata,non appena ebbe colto le pesanti implicazioni dietro a quelle frasi.
“Non voglio che tu faccia nulla!”. Disse lui, in un modo più duro di come avrebbe voluto.
“Anzi, mi dispiace di averti portato di nuovo con me questa notte… Avevo promesso a Ceryni che non l’avrei più fatto. Sapevo che poteva essere rischioso, sono stato uno sciocco”. Continuò lui, con un tono di voce così afflitto, che Sonea ebbe paura.
Non lo aveva mai sentito parlare così, né tantomeno scusarsi.
“Non mi avete costretta a seguirvi. Sono venuta di mia spontanea volontà. E lo posso dire anche sotto giuramento, se questo può servire”. Sonea mentre rispondeva si accorse di sentire un grosso nodo allo stomaco al pensiero che Akkarin potesse essere arrestato, o peggio, giustiziato.
Chi avrebbe fermato gli invasori?
E soprattutto come avrebbe fatto lei senza la sua guida?
“No. Ho detto che non devi fare nulla. Obbediscimi per una volta!”. Nonostante le parole decise, il mago nero non sembrava arrabbiato, semmai preoccupato, anche se non fece trapelare nulla dalla sua espressione del volto, tranne forse una certa stanchezza.
“Voglio saperti al sicuro, soprattutto dopo quello che ci è accaduto stanotte, abbiamo rischiato molto… Io ho rischiato di perderti”. Sottolineò Akkarin, vedendo un certo smarrimento sul viso della propria novizia.
Il Sommo Lord le si avvicinò con passi lenti, ma saldi e Sonea sentì per la prima volta un certo imbarazzo, salirgli verso il viso, nell’averlo così vicino.
“Sonea, prenditi cura di te stessa, e di Takan. Ricorda bene: qualsiasi cosa succeda, mantieni il segreto. Meno sanno e più tu sarai al sicuro. Io ho bisogno di saperti sana e salva…”. Confessò Akkarin e le accarezzò il viso pallido con la mano.
Non era la prima volta che Sonea percepiva il tocco delle sue dita, eppure, quella volta, avvertì in quel contatto qualcosa di diverso. Qualcosa che sembrava triste e malinconico, qualcosa di molto simile ad un sentimento, ma a cui lei non riusciva ancora a dare un nome.
“Lo farò Sommo Lord”. Promise Sonea, cominciando a comprendere che quello strano scambio di parole aveva più le sembianze di un addio, che di un arrivederci.
Lui la lasciò sola, uscendo dalla stanza, e lei, poco dopo, udì le voci di Balkan e degli altri maghi. Stavano interrogando Akkarin, per poi condurlo via in attesa del processo e della sentenza.
La ragazza, sfinita, si sedette sul bordo del letto e incominciò a piangere, un pianto senza freni e senza un apparente perché.
Si disse che era colpa di tutte quelle forti emozioni, della privazione del sonno, della consapevolezza di essere un’assassina, ma la verità più profonda era che l’unico motivo per cui stava versando quelle lacrime amare e salate, aveva il volto del Sommo Lord e i contorni del suo, ormai familiare, mezzo sorriso.
“Akkarin” sussurrò Sonea tra i singhiozzi, sapendo che nulla dopo quella notte sarebbe stato lo stesso. Non le importava più del proprio futuro, del diploma, o della scelta della disciplina, Sembravano futili anche i motivi per lottare contro la barbarie dell’Epurazione, o anche il solo fatto di proteggere la Corporazione dei maghi dagli Ichani.
Lei desiderava solo riavere Akkarin accanto a sé, per aiutarlo, per dirgli tutto ciò che non era stata in grado di esprimere a parole.
Il cuore le doleva in una maniera sconosciuta prima di allora, così prese una decisione, si infilò il logoro mantello del Sommo Lord e uscì in direzione della Sala Comune della Corporazione.
Se esisteva un modo, anche solo uno, col quale lei avrebbe potuto scagionare Akkarin da quelle accuse, allora lo avrebbe trovato. Anche a costo di ammettere la verità, di confessare tutto ciò che sapeva sulla magia nera, e rinunciare, così, a tutti i suoi sogni.
Stringendo a sé il tessuto del pesante mantello, Sonea ripensò alla tunica di Akkarin, a quella tonalità scura quasi quanto i suoi occhi, che lui indossava con disinvoltura e che tanto le incuteva timore e deferenza, quando non era altro che la nuova arrivata, altrimenti nota solo come “la ragazza dei bassifondi”.
Scosse la testa, asciugandosi le lacrime.
“Il nero è solamente un colore, in fondo, ma non avrei mai pensato potesse diventare il mio preferito…”. Si disse, incamminandosi nel buio di quella notte, senza stelle a darle conforto.
Samanta Crespi
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