Ha carta bianca e tre aggettivi per descriversi…
Li impiego ovviamente per parlare dell’autore piuttosto che della persona: ironico, barocco, curioso (quest’ultimo inteso nella sua doppia accezione: mosso da un’inguaribile curiosità verso ogni aspetto della vita, specie i più insoliti, e – si spera! – capace al contempo di destare la curiosità del lettore).
Mai senza?
Penna e calamaio oppure Bic e taccuino o ancora, attualizzando gli strumenti, un computer portatile con cui catturare un’idea, uno spunto, una possibile trama, dei tratti degni di nota che mi capiti di osservare o che mi balzino alla mente, magari suggeriti da un’osservazione apparentemente destituita di ogni particolare interesse. L’idea per sua natura è volatile, assai più di una piuma, di una farfalla o dell’azoto liquido: se non la acchiappi al volo e la spiccichi sul tuo quadernino (esattamente come fa l’entomologo con la rara crisalide, seppure con minore brutalità) è facile che non si faccia più vedere.
Cosa le piace leggere?
Quando scrivi in maniera professionale la lettura cessa in gran parte di essere un puro divertimento: diventa lavoro anche quello. Una maniera insostituibile per documentarsi, tenersi sempre in allenamento e carpire le soluzioni a cui altri sono giunti prima di te. Leggere per uno scrittore è fatica, e così dev’essere. Ma, nonostante questo, vi sono ancora libri da cui traggo più soddisfazioni che da altri. In ciò che leggo cerco sempre un guizzo: un’idea, uno stile, un colpo di scena che renda quel libro a suo modo speciale. Se non trovo tutto ciò e subodoro che neanche nelle prossime pagine vi si troverà alcunché di simile, beh, per tanto così, preferisco abbandonare e passare ad altro.
Se dovesse esprimere tre desideri?
Più che tre desideri posso esprimere tre desiderata, che sono poi i tre precetti con cui Polonio si raccomanda al figlio Laerte, seguendo alla lettera i quali credo che tutti noi avremmo esistenze più felici e meno accidentate: Love all, trust a few, do wrong to none (Ama tutti, credi a pochi e non far del male a nessuno).
La sua vita in un tweet?
Nacque, visse, scrisse e alla fine morì (per parafrasare la prima lezione di storia della filosofia tenuta da Heidegger su Aristotele).
Ci parli del suo ultimo romanzo. A chi lo consiglierebbe e perché?
È appena stato pubblicato da Leucotea Project. Si intitola Il suocero e il genero. In realtà è il libro d’esordio di una trilogia che si concluderà in capo a un anno, contemplata nel suo complesso sotto il nome di Once upon a time in Valdiguggio. Ci troviamo a Valdiguggio, appunto. Una cittadina immaginaria che alcuni indizi presenti tra le pagine del romanzo andrebbero forse a collocare in Piemonte. A Valdiguggio esce la paludata rivista di folklore che dà il titolo all’intera trilogia. Viene diretta con orgoglio da Stevo Manini. Quest’ultimo però commette a un certo punto un grave errore: dietro insistenze della figlia, assume in redazione il genero Doriano Di Marzio, un perdigiorno patentato con manie di grandezza. Costui tenterà con tutti i mezzi di spodestare il suocero e rendere la rivista un più lucrativo rotocalco di gossip locale. La sua fantasia verrà definitivamente accesa da una delle figure più pittoresche della recente storia di Valdiguggio: la “Ciorgna Voltaica”, una nota ninfomane del posto.
È un libro dalla trama molto divertente, svolta con un linguaggio sorvegliato e decisamente pomposo che non fa che sviluppare ulteriormente l’effetto comico. Lo consiglio perciò a chiunque ami la buona lettura e quelle “belle scritture” che ormai non si usano più.
Come nascono i suoi personaggi, vi è un collegamento con la realtà?
C’è sempre un nesso con la vita reale, che è (e dev’essere) il semilavorato da cui l’artista, latissimo sensu, parte e su cui il suo lavoro si basa. Io sono un buon osservatore, lo sono sempre stato. La parte della natura che prediligo è la natura umana. La mia è una letteratura di caratteri. I personaggi, spesso dominati dalle proprie indoli, vengono osservati nei loro scontri o in peripezie dettate dalla loro incoercibile natura, andando così a comporre una commedia umana quanto più estesa possibile, in cui ognuno di loro riveste il proprio ruolo, esattamente come i tanti tasselli di una mosaica, o come le monadi di Leibniz: ognuna dotata di un suo proprio punto di vista, in ultima analisi tuttavia incomunicabile tra soggetto e soggetto, ma afferrabile unicamente da chi quelle monadi ha creato.
Le ambientazioni che sceglie provengono dal reale o sono anche una proiezione dell’anima?
Anche qui la realtà è il punto di partenza. Poi, ovviamente, i luoghi, le atmosfere, l’azione degli elementi possono assumere significati metafisici. Diventano gli epifenomeni dei processi della psiche (per riportare l’anima alla sua traduzione greca e freudiana). Anche nel romanzo in oggetto Valdiguggio ha un particolare peso. È il proscenio dove tutto accade. Del resto uno degli altri temi dominanti del libro è proprio il provincialismo: la visione asfittica che ti dà la provincia e i relativi vincoli comportamentali e interpersonali a cui un piccolo ambiente porta, laddove ci si conosce tutti da sempre e ci si saluta amabilmente, già pronti però a sparlarsi alle spalle a vicenda.
Come può riassumere ai suoi lettori il suo romanzo? Qual è il messaggio che vuole trasmettere?
Si può riassumere attraverso brevi sketch: uno scontro di caratteri, la provincia e i provinciali, la crisi economica e culturale, la conoscenza come cultura contro la conoscenza come familismo e raccomandazione, l’ego e la libido: quanto essi influenzino le nostre vite, che cosa conduce una persona a diventare un personaggio e viceversa?. Il messaggio qui come altrove resta quello del verso oraziano: de te fabula narratur. Ridi ridi, divertiti dietro alla goffaggine e alle piccinerie dei personaggi che incontrerai tra queste pagine, ma bada bene, questo romanzo in realtà, a conti fatti… parla proprio di te!
È già al lavoro su un nuovo libro?
Stavolta non si tratta di narrativa: mi è stato commissionata da un importante editore una serie di brevi saggi filosofico-satirici. Quello che sto scrivendo al momento parla dei caratteri umani. Come dicevo questo è uno dei maggiori filoni della mia produzione letteraria. In questo caso però, anziché romanzarli e farne materia di racconto, cercherò di esaminarli con l’occhio composto, imperturbabile e impietoso dell’etologo.
Silvia Casini
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