Ilaria De Togni è nata all’ombra delle mura medievali di Montagnana (Padova). Creativa per vocazione, fin da giovanissima si interessa di arte e simbologia, mito e psicologia. Si forma sulla letteratura pulp degli anni 2000 e incontra sulla sua strada le visioni oniriche di Alejandro Jodorowsky.
Suona e canta in alcune band gothic metal locali e studia comunicazione pubblicitaria e graphic design, diventando in seguito art director di un’importante azienda organizzatrice di eventi live.
Il sogno di Keribe è il suo romanzo d’esordio e per saperne di più, l’abbiamo intervistata…
Ha carta bianca e tre aggettivi per descriversi…
Spesso creativa, talvolta visionaria, sempre mutevole.
Mai senza?
Agenda dalle pagine completamente bianche, per appuntare le idee che mi vengono in mente: l’intuizione è per sua natura sfuggente e bisogna afferrarla al volo. La porto con me in borsetta durante il giorno e, quando vado a dormire, sul comodino: le idee migliori mi raggiungono in sogno.
Cosa le piace leggere?
Qualunque autore, classico o contemporaneo, che riesca a farmi riflettere usando lo strumento dell’emozione. Amo la narrativa capace di provocare un qualche cambiamento interiore. L’ultimo libro che ho letto è di Luciano Funetta. Il suo Dalle Rovine è stato una bella scoperta.
Se dovesse esprimere tre desideri?
Vorrei rinascere a Keribe come ridestata; parlare con Buddha per almeno mezz’ora; riuscire a vedere nel cuore della gente per capirla.
La sua vita in un tweet?
Scrivere è imparare a osservare e rinascere come curiosi della vita. Richiede molto coraggio, una certa innocenza e un profondo lavoro su se stessi.
Ci parli del suo ultimo romanzo. A chi lo consiglierebbe e perché?
Il sogno di Keribe è un fantasy d’avventura moderno, una fiaba allegorica che si esprime con un linguaggio immediato e visivo. Ispirato alla simbologia dell’inconscio, inquadra molto bene diversi archetipi, o situazioni oniriche, nelle quali tutti possono riconoscersi. Alcune persone, dopo aver letto il romanzo, dormendo sognano Keribe. Credo sia perché questo mondo attinge fortemente alla mente collettiva. Ecco che Il sogno di Keribe si adatta alle esigenze di ogni lettore: qualcuno si ferma a un primo livello di lettura, divertendosi con un fantasy classico di formazione, un viaggio dell’eroe fantastico, in cui una ragazza senza età, ridestata, viene addestrata ad affrontare le difficoltà di un mondo vasto e ostile. Qualcun altro avverte la forte sotto trama, costituita da una decisa rievocazione della mistica, della visionarietà esoterica, della ricerca di una nuova metafisica. In ogni caso, lo consiglio a tutti coloro che amano la dimensione del sogno e vorrebbero sperimentarla attivamente, diventando protagonisti e registi del proprio sognare.
Come nascono i suoi personaggi, vi è un collegamento con la realtà?
I miei personaggi nascono dai sogni ma sono arricchiti con caratteristiche di persone che incontro e frequento. In una narrazione corale come Il sogno di Keribe, ossia con tanti personaggi, si sono certamente infilate diverse esperienze personali, che ritraggono me stessa o la mia più intima idealizzazione, fatta anche d’illusioni e ricordi. Credo che tutto ciò che scrive un autore sia, in parte, una sorta di autoritratto. Un riflesso di sé e della propria esistenza.
Le ambientazioni che sceglie provengono dal reale o sono anche una proiezione dell’anima?
Buffo come questa frase rappresenti alla perfezione Keribe. È un mondo che sogno fin da quando ero bambina e raccontarlo in un romanzo, sotto forma di storia, forse è stato anche un modo per proiettare nell’opera letteraria la parte più profonda della psiche umana, cercando la sua unità con l’anima del mondo.
Come può riassumere ai suoi lettori il suo romanzo? Qual è il messaggio che vuole trasmettere?
Il sogno di Keribe è un inno al cambiamento, un incoraggiamento alla rivoluzione interiore quale presupposto di ogni trasformazione. La protagonista, ridestata dagli abissi marini e, in senso figurato, dalla psiche, viene addestrata ad affrontare le difficoltà di un mondo pericoloso e imprevedibile. Diventa per così dire adulta e scopre di essere in qualche modo una prescelta, ma anche una “diversa”, perseguitata perché tale. Chiamata a fare qualcosa per il mondo, è abbastanza riluttante: non ha alcuna voglia di essere la salvatrice di Keribe. Tutto ciò che desidera è vivere un’esperienza umana e combatte molte guerre, soprattutto interiori, prima di arrivare all’accettazione del suo ruolo “messianico”. Teme l’ostilità di quel mondo, ma deve fuggire, facendosi guidare dai venti della sorte dovunque la spingano. Il messaggio de Il sogno di Keribe è: lasciamo che il nostro desiderio di libertà, unica strada per conoscere noi stessi, abbia il sopravvento su ogni paura.
È già al lavoro su un nuovo libro?
Sto lavorando a un nuovo romanzo e a un secondo progetto, molto particolare: una bella sorpresa per tutti gli amanti delle graphic novel, in collaborazione con uno straordinario illustratore.
Silvia Casini
© Riproduzione Riservata