Eccomi qui col progetto folle di partecipare al #writober2018, da un progetto del sito fanwriter.it Una storia al giorno, un prompt al giorno per 31 giorno. L’idea è di scrivere 31 one shot tutte collegate e farne una raccolta. La storia sarà quella della coppia Chantal-Luciano, vista da lei. I luoghi saranno reali o fittizi, ma tutto sommato riconducibili a due città. Toulon e Savona. Persone o fatti sono di mia invenzione.
Buona lettura.
Chantal sospirò riportandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio, il vento di quella giornata di inizio di ottobre, le rendeva difficile scrivere l’indirizzo sulla busta, la rigirò tra le mani un paio di volte, indecisa se imbucarla oppure no.
Aveva riflettuto molto sull’idea, di spedire o meno l’invito a quello che una volta avrebbe definito ad occhi chiusi come. Il suo migliore amico, si era decisa per il sì, poi qualcosa lungo il breve tragitto tra la Galleria d’Arte Moderna del Priamar e la spiaggia, aveva fatto vacillare la sua intenzione.
Non vedeva, né sentiva Renard da quasi dieci anni, e visto come si erano lasciati, e Chantal pensò che forse lui non avrebbe avuto il piacere di presenziare alla prima mostra di artisti Italo-francesi, curata interamente da lei sola.
Una coppia le passò affianco, biascicando qualcosa sulla sua acconciatura, la ragazza poté giurare di aver sentito distintamente la signora più anziana lamentarsi dei suoi capelli.
“Ah questi giovani d’oggi, non sanno più cosa fare e si mettono il colore in testa…”
D’istinto Chantal si portò una mano alla piccola treccia legata sulla nuca, dove due ciocche di un rosa acceso e di un altrettanto brillante blu elettrico facevano bella mostra, spiccando tra il color miele del resto della chioma.
Non disse nulla, fingendo di non aver sentito, ma percepì che qualcosa dentro sé si spezzava nuovamente.
Quanto avrebbe voluto confidarsi con Renard, spiegare , anche solo guardandosi negli occhi, il peso enorme del vuoto che sentiva addosso e che velava ogni sua giornata ormai, con una patina grigia, rendendo tutto scialbo, apatico, incolore. Nemmeno respirare l’aria frizzantina e salmastra riusciva a tirarla su quella tristezza senza nome, quella nostalgia strana di qualcosa che non c’è, accompagnava Chantal dal mattino fino al momento di coricarsi, rendendo anche i suoi sogni un po’ inquieti.
L’invito alla mostra, stampato su carta anticata e filigranata doveva servire proprio a quello, a creare un ponte, un flebile filo di speranza che unisse il suo passato, la Costa Azzurra e i pomeriggi spensierati e pieni di straripante gioventù, trascorsi insieme a Renard e a Marisol, e il suo presente. fatto di vita ordinaria, di camminate sulle spiagge savonesi, accompagnate da una certa consapevolezza vestita di scuro, di disillusione e di progetti sfumati.
Chantal stava per infilare la busta nella fessura della casetta postale rossa, quando sentì vibrare insistentemente il cellulare. Sulle prime cercò di ignorare la chiamata, poi vedendo che quel dannato aggeggio “del demonio”(1) non la smetteva di agitarsi nella sua borsa, si arrese e con una certa destrezza riuscì a tirarlo fuori, prima che la chiamata terminasse, senza rovesciar per strada l’intero contenuto della piccola postina che portava a tracolla.
“Cosa c’è?” Rispose la ragazza, piuttosto scocciata.
“Dove sei? È da mezz’ora che ti aspettiamo al Caffè Caboto (2) per pranzare…” Disse una voce maschile dall’altro capo del telefono, piuttosto innervosita, anche se manteneva un certo contegno.
“Iniziate pure senza di me se ci tenete tanto. Non pensò che ai tuoi amici dispiacerà se non ci sono” Chantal rispose con un tono di voce apatico, quasi rassegnato, segno che non era la prima volta che le si presentava una situazione del genere.
In fondo lei era quella “strana”, quella “eccentrica”, quella “francese”, come se indicare la nazionalità avesse un che di dispregiativo.
Loro, loro erano solo gli amici di suo marito, Luciano, ma lui si ostinava a considerarli anche amici di lei, quindi qualsiasi mancanza lei avesse avuto nei loro confronti, per lui era come una doppia offesa.
“Non dire cretinate, lo sai che i ragazzi ci tengono a vederti. Non fare sempre la solita asociale, sono i nostri amici, potresti sforzarti un po’ di più…” La voce del marito le giunse all’orecchio fredda e distante, quasi accusatoria.
“Sforsarmi, io dovrei sforsarmi (3)? Sono loro che dovrebbero smetterla di vedermi soltanto come una bella statuina… e comunque Lucienne (4), quei deficianti sono tuoi amici, non miei!”. Detto ciò, Chantal chiuse la comunicazione con uno scatto nervoso, incurante delle occhiate dei passanti.
Chantal infilò decisa la bustina rettangolare nella fessura e si sentì subito più leggera, sperando in cuor suo che quel piccolo gesto, quelle poche parole che accompagnavano l’invito, e spedite oltralpe potessero cambiare veramente le cose in quel primo giorno d’ottobre il cui vento spirava da Nord carico di promesse e di profumi di montagna.
{725 parole}
{1 ottobre. Prompt: Invito}
Samanta Crespi
© Riproduzione Riservata
Note al testo:
- modo scherzoso in cui Chantal chiama il cellulare.
- Locale realmente esistente nella città di Savona.
- Chantal è francese d’origine, ma trapiantata in Italia, per amore. Parla molto bene l’italiano, anche se a volte la sua lingua madre fa qualche incursione facendole storpiare alcune parole. Nel testo le indicherò sempre in corsivo.
- Lucienne e il soprannome che Chantal usa verso suo marito Luciano, in realtà non è altro che la versione francese del nome italiano.