Nicola Cavagnaro è nato a Chiavari nel 1983. Vive a Genova e ha studiato filosofia in Norvegia, a Bergen.
Giornalista, a volte scrive di viaggi.
Istruzioni per un disastro è il suo secondo romanzo.
Parlaci un po’ di te…
Sono un giornalista, vivo a Genova con la mia compagna. Quando posso torno al mio paese di origine, sulla riviera ligure, per immergermi nella sua calma e nel silenzio in cui è immerso durante l’inverno, aspettando sempre l’estate. Prima della pandemia spendevo molti soldi in viaggi, ora risparmio in attesa di poter ripartire presto.
Cosa ti piace leggere?
Vado un po’ a periodi: a vent’anni ero in fissa con Garcia Marquez, a trenta mi sembrava che non ci fosse altro che Hemingway. Adesso, a quasi 40, cerco di sforzarmi di colmare le tante lacune che ritengo di avere: adesso sto leggendo David Foster Wallace, ma i miei autori di riferimento da qualche anno sono Richler e Roth. In ogni caso, leggo praticamente solo fiction e narrativa, soprattutto straniera.
Qual è il tuo hobby?
Mi piace molto cucinare, ma non ho quasi mai tempo, e adoro giocare a pallacanestro. Appena sarà di nuovo possibile e sicuro, tornerò a giocare (sperando che le ginocchia reggano, ovviamente). Poi, non c’è nulla di meglio di passare una giornata in riva al mare nella mia città, assieme alla mia famiglia.
Parlaci del tuo libro. A chi lo consiglieresti e perché?
Credo che sia in qualche modo un libro “generazionale”, con al centro un gruppo di trentenni che sono cresciuti insieme in un piccolo paese di provincia. È un libro che parla di quella fase della vita in cui si cresce e ci si rende conto che le amicizie che si credevano eterne si rarefanno. È una storia che riguarda quattro amici, e la fuga dal paese: chi lo fa per davvero, chi sogna di riuscirci ma fallisce, chi non ci pensa nemmeno e si gode la piccola fama che può dare essere un calciatore di paese, chi invece è travolto dalle sue debolezze e si rifugia nella droga. È la storia di un gruppo di amici che esplode, in cui ognuno prende direzioni diverse. È anche la storia di un amore finito e di un amore che nasce, dei protagonisti di queste storie, le cui vite sono indissolubilmente intrecciate. Ma si parla anche di speranza, di sentimenti profondi che, anche se sommersi da lontananza e incomprensioni, resistono e riaffiorano nel momento del bisogno. Lo consiglio a tutte i ragazzi e le ragazze nati negli anni ΄80 e ΄90: credo che molti di loro potranno riconoscersi nei protagonisti.
Come sono nati i personaggi?
I personaggi sono tremendamente reali: sono persone che conosco, amici. Ovviamente nessuno dei protagonisti coincide al 100% con una singola figura reale, diciamo che ho preso aspetti, caratteristiche, elementi da soggetti diversi e li ho mescolati, un po’ per esigenze narrative, un po’ per mescolare le carte. Comunque i fatti descritti sono accaduti, in qualche modo.
Ti è mai venuto il blocco dello scrittore?
Il blocco di fronte alla pagina bianca, per fortuna, mai. Credo che sia anche legato al fatto che il mio lavoro mi “costringa” a scrivere tutti i giorni. Ho attraversato periodi refrattari, in cui non scrivevo nulla legato alla narrativa. A volte ho bisogno di “disintossicarmi”, per così dire.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Sicuramente i luoghi che vedo durante i miei viaggi, le persone che incontro, le storie che mi arrivano alle orecchie. Mi piace molto osservare i comportamenti delle persone, ascoltare quello che raccontano, le loro esperienze.
Qual è il messaggio insito nel libro?
Ci sono rapporti costruiti negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza che, nonostante tutto, restano dentro e, in modo del tutto inaspettato, ci fanno compagnia anche da adulti. È anche una storia che parla del senso di colpa che ci si porta dentro se si sono fatte scelte egoistiche, e sulle domande che credo molte persone si facciano: è meglio inseguire una carriera e sacrificare tempo e affetti, o concentrarsi sulla famiglia, sulla qualità della vita, rinunciando al lavoro dei propri sogni?
Quanto c’è di te nei tuoi personaggi?
C’è sicuramente molto in almeno due dei protagonisti della storia, in particolare in uno di loro. Ho scritto “Istruzioni per un disastro” in un momento molto particolare della mia vita, in una fase di isolamento e solitudine, e proprio mentre affrontavo la seconda stesura, un incontro inatteso mi ha cambiato la vita: credo che le domande che i protagonisti si pongono siano figlie di questo cambiamento.
Progetti futuri?
Adesso sono in pausa di riflessione, cerco di tenermi lontano dalla tastiera. Leggo molto, cerco di far andare la mente e di riordinare le idee che in questo momento mi affollano la testa. Presto ricomincerò a scrivere.
Silvia Casini
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