Il documentario “John McEnroe – L’impero della perfezione” (Francia 2018, 95’) del regista francese Julien Faraut, un’immersione nel Roland Garros del 1984 con il numero uno del mondo John McEnroe, che rivela i ‘problemi di convivenza’ tra un campione perfezionista e gli arbitri perfettibili, un pubblico desideroso di spettacolo e una troupe cinematografica che ha deciso di catturare ogni mossa dell’irascibile tennista, sarà nelle sale italiane il 6, 7 e 8 maggio in occasione degli Internazionali d’Italia, distribuito da Wanted Cinema.
Il documentario, presentato alla Berlinale e premiato come miglior film alla 54° Mostra internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro racconta il mitico campione di tennis John McEnroe, ex ragazzo prodigio successivamente noto alle cronache non solo per il talento ma anche per il caratteraccio e una vita privata movimentata, è già stato protagonista di film e documentari, ma mai in modo così avvincente come in questo documentario, che vanta materiali di repertorio ed elementi di psicologia e di teoria del cinema, accompagnati dalla voce di Mathieu Amalric, con la premessa godardiana “Il cinema mente, lo sport no”
In un’intervista con Jérôme Bureau e Benoît Heimermann del 9 maggio 2001 su “L’équipe”, il regista Jean-Luc Godard ha dichiarato: “Seguo ancora lo sport perché è rimasto un qualcosa in cui l’uomo non può mentre. La politica, il cinema e la letteratura possono mentire, lo sport no”. Questa dichiarazione mi ha fatto velocemente capire che questo poteva essere il cuore del mio documentario – ha spiegato il regista Faraut – Il cinema può mentire, non lo sport. Su un campo da tennis, John McEnroe corre e soffre. Vince o perde. Quelle sono le uniche opzioni. Non c’è tempo per effetti speciali. I suoi risultati sono qualcosa di concreto e verificabile. Nessuno penserebbe mai di creare una “classifica” tra Mozart, Bach e Haydn. Tuttavia, si possono facilmente consultare i ranking ATP per sapere se John McEnroe stava giocando contro Jimmy Connor in una data precisa o contro Bjorn Borg. Questo è riassunto nella frase: “Il cinema può mentire, lo sport no”. Una sorta di contraddizione che richiede una pausa di riflessione. Questo è esattamente quello che volevo esplorare e approfondire. Volevo anche decostruire l’immagine del giocatore/attore impulsivo – lo stereotipo di McEnroe che conosciamo dalla pubblicità.