Prima di aprire un discorso su Justice & crime è necessario effettuare un salto indietro nel tempo.
Un salto nel 1969, quando quattro grandi della cinematografia del Sol Levante come Keisuke Kinoshita, Masaki Kobayashi, Kon Ichikawa e Akira Kurosawa unirono le proprie forze per fondare una casa di produzione chiamata Yonki-no-kai (che tradotto significa “i quattro moschettieri”), chiudendola, però, dopo il concepimento di un solo titolo.
La chiusura del sogno cinematografico di quattro menti che, col tempo, avrebbero dato molto alla Settima arte.
Regista del noto L’arpa birmana, datato 1985, Ichikawa, però, nel 2000 ha deciso di ritirare fuori dal proprio cassetto uno degli script stesi assieme a quei compagni d’avventura ormai passati a miglior vita (e lui stesso sarebbe poi scomparso otto anni più tardi), realizzando in loro ricordo, appunto, Justice & crime, dal plot derivato da un romanzo di Shugoro Yamamoto.
Ambientato in un paesino del Giappone feudale, il film pone in scena un indomito samurai di nome Koheita Mochizuki, interpretato da Koji Yakusho – visto anche in Babel di Alejandro Gonzalez Inarritu e in 13 assassini di Takashi Miike – e chiamato da tutti Dora-heita (cioè gatto randagio) per il modo vivere la propria esistenza con fare alquanto dissoluto.
Nonostante ciò, non gli viene negata la carica a magistrato della città più corrotta del paese, destando più di un dubbio in qualsiasi membro onorevole del luogo.
Ma Dora-heita non è persona così scontata, perché la sua maniera di vivere, come pure la sua corrente di pensiero, sapranno sfoderare più di un asso nella manica, dimostrando che l’uomo giusto è stato messo a vigilare nel posto giusto, con grande sorpresa per tutti, che si tratti di criminali o di benpensanti.
Quindi, la visione di Justice & crime non può fare altro che rappresentare un tuffo nel cuore, soprattutto per i grandi appassionati di cinema nipponico, grazie a questa sua vicenda di uomini (poco) d’onore alle prese con un contesto teatrale che li mette davanti ad un continuo confronto verbale, dove ad uscire fuori è sempre e comunque l’opinione che ognuno ha del protagonista Dora-heita, reso in modo coinvolgente da un intenso Yakusho.
Con questa sua opera, tra le ultime da lui realizzate prima di abbandonare la vita terrena, Ichikawa firma una sorta di opera testamento per il samurai movie, senza lesinare in una messa in scena da cinema del passato, rinunciando magari a stilemi che all’epoca andavano per la maggiore (siamo nel 2000 e il cinema di Takeshi Kitano era in pieno fervore, tanto per dire).
Justice & crime è il suo sentito omaggio che porta grande rispetto a Kinoshita, Kobayashi e Kurosawa, i quali non avrebbero potuto fare altro che essergli grati.
Con una galleria fotografica nella sezione riservata ai contenuti speciali, è General Video (www.cgentertainment.it) a renderlo disponibile su supporto dvd in lingua originale giapponese corredato di sottotitoli italiani.
Mirko Lomuscio