La figlia del mercante di fiori è un romanzo leggero, una lettura non troppo impegnativa, che avrebbe tutte le carte in regola per appassionare, per coinvolgere il lettore ed invece rimane sulla superficie, cadendo spesso nel cliché del genere.
Leggendo la sinossi mi sarei aspettata una storia di tutt’altro genere, invece mi sono trovata davanti un romanzo rosa, mascherato da tinte storiche e d’avventura.
La storia si divide in due binari narrativi differenti, da un lato troviamo Elisabeth, giovane figlia di John Trebithick, uomo tutto d’un pezzo ed esperto botanico, nonché commerciante di semi e piante rare da tutto il mondo. Siamo nell’Inghilterra di fine anni ottanta del 1800, precisamente in Cornovaglia.
Dall’altro lato, troviamo Anna Jenkins, nella Sidney dei giorni nostri. anche lei una giovane donna con una forte passione per le piante e la botanica in genere.
Un giorno mentre ristruttura la casa della nonna, da poco deceduta, trova nascosto nel muro un diario, e una scatola antica, contenente un album da disegno, una foto, dei semi e dei gioielli.
Cosa hanno in comune queste due donne, Elizabeth e Anna?
E cosa ci faceva quella scatola antica e quel diario, murati dentro la casa di una vecchia signora?
A poco, a poco, mentre Anna cerca di risolvere quel mistero e colmare le lacune, scopre anche che c’è un filo diretto che collega lei, con la sua antenata inglese, Elisabeth.
È una storia, quella raccontata, che sa di già visto, già letto, è per quanto i personaggi e l’ambientazione siano scritti bene, ho faticato molto a immedesimarmi. Non mi hanno emozionato, anzi mi hanno lasciato un po’ distante, oltre al fatto che ho trovato la storia d’amore un po’ forzata ai fini della trama, oltre che frettolosa.
Il libro non finisce, nel senso che si chiude con un non finale.
Sembra quasi che qualcuno abbia troncato il romanzo, tagliandone via un pezzo, per metterci la parola fine.
In sintesi, è stata una piacevole lettura sì, ma che non ha lasciato nulla e si dimentica in fretta.
Samanta Crespi
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