Tratto dal romanzo di Francesco Dimitri, presentato in anteprima al Bif&st e in concorso in anteprima internazionale al 50° Houston World Fest, l’opera seconda di Saverio Di Biagio, La ragazza dei miei sogni, è un urban fantasy che, coraggiosamente ma senza grandi risultati, mescola esoterismo, romanticismo e dramma. P. (Primo Reggiani) è un giovane trentenne insoddisfatto che un giorno incontra in ufficio un suo vecchio amico del liceo, Alessandro (Nicolas Vaporidis), brillante consulente informatico di giorno e scatenato musicista elettronico di notte, che gli apre le porte di un mondo fantastico e segreto, nascosto dietro la realtà che siamo abituati a conoscere.
Quando conosce Sofia (Miriam Giovanelli), dolce e intrigante, somigliante alla ragazza che sognava tutte le notti, tra i due esplode un sentimento incontenibile ed egli sembra finalmente aver trovato la ragazza dei suoi sogni. A poco a poco gli si rivelerà un mondo di cui ignorava l’esistenza, che lo costringerà a grandi sacrifici per sopravvivere e a cambiare completamente la sua visione della vita e dell’amore.
A dispetto del titolo e dell’inizio completamente fuorviante, La ragazza dei miei sogni si trasforma, lentamente, in una storia di magia, demoni e spiritismo. Nonostante la curiosità iniziale e una forte dose di coraggio mostrata, Di Biagio si dimostra incapace di gestire tutto il materiale che ha a disposizione: il film, infatti, sembra eccedere in tutto, dalla regia, alla sceneggiatura approssimativa e retorica. Il film gioca molto sull’ambiguità: cos’è reale e cosa, invece, una costruzione mentale? Chi sono le persone che ci stanno intorno? Siamo sicuri di conoscerle bene? Un lato intrigante che va però perdendosi nell’ultima parte, quando il lato occulto prende il sopravvento, col suo corollario di riti, formule magiche e strani figuranti. E quello che, a un certo punto, sembrava pendere verso il thriller psicologico sfocia, decisamente, nell’esoterico.
La ragazza dei miei sogni non riesce, purtroppo, a tenere viva suspense e curiosità, regalando solo nel finale qualche emozione in più. Il tentativo di battere strade insolite per il nostro cinema va difeso e premiato: l’idea può anche risultare originale, ma di certo la resa non è all’altezza.
Federica Rizzo
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