Cinema e corse sono sempre andati a braccetto nel corso degli anni, anche tralasciando la recente impronta blockbuster della saga on the road Fast & furious; se guardiamo esclusivamente al mondo delle auto da competizione possiamo scorgere anche titoli di nota fama come Grand Prix di John Frankenheimer o Le 24 ore di Le Mans con Steve McQueen, senza dimenticare il recentissimo Rush di Ron Howard, affascinante ritratto della competizione sportiva (ed umana) tra i campioni Niki Lauda e Jams Hunt.
Ora, sempre guardando ad eventi successi nella realtà, il regista James Mangold, archiviata la magnifica esperienza col cinecomic Logan, decide di raccontare una pagina sportiva successa nel pieno degli anni ’60, che vedeva coinvolti due nomi di grande spicco come il noto pilota Carroll Shelby, qua interpretato da Matt Damon, e il suo amico e collaudatore Ken Miles, ricoperto dal camaleontico Christian Bale (visto di recente con qualche chilo di troppo in Vice – L’uomo nell’ombra), entrambi chiamati a lavorare per la nota casa automobilista Ford, con il compito di poter vincere assolutamente un’importante competizione su quattro ruote, dando filo da torcere alla favorita Ferrari; gli eventi realmente accaduti qua sono quindi il fulcro di questo Le Mans ’66 – La grande sfida, uno spaccato biografico sullo scontro tra due grandi società automobilistiche, metafora di come si possano ottenere i sogni più impossibili se ci si mette buona volontà e concentrazione.
Tutto comincia quando l’americana Ford, sotto la guida dell’erede Henry II (Tracy Letts), decide di evitare il peggio cercando di rilanciare la propria immagine con la vittoria delle 24 Ore di Le Mans, competizione dove ormai è l’italiana Ferrari ad avere la meglio da tempo, guidata dal magnate Enzo Ferrari (Remo Girone).
Per poter arrivare alla vittoria, la società a stelle e strisce ingaggia l’ex pilota Carroll Shelby (Damon), ormai dedito alla vendita delle auto, e quest’ultimo, con tutta la propria certezza, decide di coinvolgere l’amico e collega Ken Miles (Bale), un meccanico e pilota dai metodi poco ortodossi, ma vero e proprio asso al volante quando si tratta di correre su quattro ruote.
Questo rapporto sportivo e amichevole porterà quindi verso una pagina storica della 24 Ore di Le Mans, avvenuta nel pieno del 1966.
Il materiale che si sono trovati per le mani non era certo cosa da poco, e Mangold, mestierante dall’andazzo solido e professionale solitamente, sa cosa vuole dire con questo Le Mans ’66 – La grande sfida, appoggiandosi esclusivamente sul rapporto fraterno fra i due collaudati Damon e Bale; ma quello che però sfugge nel complesso è come poi il racconto, nel voler parlare di uomini e sportivi, non riesca a sviluppare degnamente alcune sfumature.
In conclusione non è proprio un ritratto degno di nota quello che esce da questo film, anzi, in Le Mans ’66 – La grande sfida assistiamo alla boriosa ambizione di un magnate come Ford, personaggio descritto in tutti i suoi (pochi) pregi e (parecchi) difetti, che dà inizio al plot dell’opera e spalleggiando in seguito una caratterizzazione dei protagonisti poco degna di nota (Damon tipico yankee dall’andazzo sicuro di sé, Bale schizzato che alla lunga gigioneggia anche fin troppo), per non parlare infine di come l’italiana Ferrari venga sbeffeggiata lungo la visione.
Ma fin qui si può anche dire che sono scelte artistiche che possono anche avere una propria valenza, dovute da determinate testimonianze storiche del caso; quello che, purtroppo, non si riesce a captare totalmente in Le Mans ’66 – La grande sfida sono le stesse corse automobilistiche rese un po’ troppo ai minimi termini, regalando quindi allo spettatore questo spaccato amichevole tra Shelby e Miles che milita maggiormente la storia del film, offuscando così il valore di una trainante competizione su quattro ruote, ed il che non è proprio un bene per l’economia di questo film.
Mirko Lomuscio