M3gan: recensione

Oggi divertimento e tecnologia vanno di pari passo, fondendosi anche in contesto infantile sottoforma di innocui giocattoli pronti ad essere utilizzati dai giovanissimi; ovviamente il genere horror tale evoluzione non se la può perdere e già con qualche titolo ci ha mostrato gli effetti distruttivi del “mondo dei robot” sul concetto di divertimento.


Ultimo in questo frangente è la nuova produzione Blumhouse del prolifico Jason Blum che, in associazione con James Wan, decide di portare sui grandi schermi il thriller futuristico M3gan, la storia di una bambola androide progettata per il mercato dei passatempi per ragazzi, i cui effetti si dimostreranno molto più devastanti di quello che sembrano.

Per la regia di Gerard Johnstone, il titolo in questione, tratto da un soggetto di Wan stesso assieme a Akela Cooper (Malignant), ha per protagonista l’ingegnere di robotica Gemma (Allison Williams) che, assieme al suo gruppo di lavoro, sta elaborando un nuovo sistema cibernetico capace di assumere le fattezze di una bambina diligente.


Lei è M3gan, un androide che può essere la tua migliore amica e conoscente, e Gemma, per perfezionarla, decide di utilizzare il prototipo in elaborazione per conto della nipote Cody (Violet McGraw), reduce da una tragedia automobilistica che ha visto morire sia suo padre che sua madre, sorella di Gemma.

Nonostante l’invenzione si rivela essere qualcosa di rivoluzionario, M3gan ben presto mostra delle emozioni inaspettate, portandosi ad un punto di non ritorno che la trasformano in una perfetta diabolica presenza.


Non è passato parecchio tempo da quando in sala nel 2019 ha fatto capolino il mediocre remake de La bambola assassina, dove il pupazzo dell’originale Chucky veniva sostituito da un micidiale bambolotto robotico senza un minimo di approccio credibile al contesto raccontato; a differenza di quel film, il qui presente M3gan il suo contesto lo ricrea anche fedelmente alle idee futuristiche riportate, ma ciò che non funziona nell’opera di Johnstone è lo sviluppo che passa da sottile fantascienza a lungometraggio horror, sconclusionato quanto sbrigativo nella descrizione degli eventi.

Già di per sé l’idea alla base è un qualcosa che diverse volte è stata riproposta anche in modi migliori, se pensiamo innanzitutto a Il mondo dei robot di Michael Crichton, ma M3gan , che tende a sviluppare il rapporto tra la Gemma della Williams e la piccola Cody della McGraw, non riesce ad affondare il pedale della cattiveria quando serve e crede di poter giostrare la sua esile storia con giochi elementari di tensione poco riusciti.


Ad essere ricordato può rimanere giusto il design inquietante della bambola protagonista, che ha le inquietanti fattezze di una bambina preadolescenziale, e qualche momento inaspettatamente cattivello (la scena nel bosco, quella dell’ascensore), solo che a conti fatti poi ci ritroviamo con un film che la tira per le lunghe inutilmente e che crede di poter gestire la sua credibilità con qualche momento da balzo sulla sedia.

E dire che a inizio visione sembra voler sviluppare un determinato discorso iniziato dal Paul Verhoeven di Robocop , quando invece M3gan di Johnstone si perde in chiacchiere con molta voglia di chiudere l’argomento senza troppi raccapriccianti fronzoli.

Mirko Lomuscio