Sei sempre stato qui: intervista esclusiva a Eugenio Gardella

«Non è mica detto che un figlio arrivi subito.»

In effetti no, per Roberta ed Eugenio, una coppia normale, una coppia come ce ne sono milioni, il figlio, la figlia che desiderano non arriva subito. Anzi, sembra non voler arrivare mai. Più volte nel ventre di Roberta qualcosa inizia ad accadere, ma nessuna gravidanza prosegue.

Eugenio e Roberta provano con l’inseminazione artificiale, ma non funziona nemmeno quella. I mesi e gli anni passano e l’attesa si fa intollerabile, come se uno stesso giorno ripiegato su se stesso si ripetesse all’infinito, un giorno di figli desiderati, sfiorati, e poi perduti.

L’esplorazione interminabile dell’incertezza li conduce al limite, come singoli individui e come coppia, ma li fa anche evolvere, ed Eugenio e Roberta, in un gesto di resilienza e di libertà, non si arrendono. Decidono di affidarsi al mare imprevedibile dell’adozione, di affrontare le pratiche, i colloqui, la burocrazia. Decidono di esercitare e guarire le loro anime per trovare la forza di prendere un ultimo respiro prima del tuffo. Decidono di affidarsi a un sogno che li porterà altrove nel mondo.

Questo romanzo è la storia di una paternità desiderata, cercata, sofferta.

Una vicenda individuale che grazie alla forza della letteratura diventa universale, una singola voce, voce di un uomo, voce di un padre, che si fa coro di una moltitudine di donne e di uomini, della loro volontà di essere famiglia, di donarsi, di amare.

Una storia meravigliosa tutta da scoprire, grazie anche alle parole di Eugenio Gardella. Leggete qua…

 

Ha carta bianca e tre aggettivi per descriversi…

Domanda terribile. Non amo parlare di me. Diciamo che sono esattamente come tutti gli altri esseri. Sono un progetto in divenire, il canovaccio improvvisato di un romanzo che non verrà mai scritto, sono quello che mi succede un po’ per caso un po’ per destino. Sono le scelte che prendo, ma forse sono le scelte che prendono me. Non so cosa sono, dimentico ogni giorno quello che ero ieri e non so cosa sarò domani.  Sospeso a metà fra l’essere il gabbiano appeso nel cielo lassù e allo stesso tempo il vento che attraversa. Stupefatto. Sgomento. Innamorato.

Mai senza?

Mai senza un nuovo progetto, mai senza una nuova sfida, magari il prossimo capitolo da scrivere, magari il prossimo momento in cui uno dei miei personaggi mi stupisce facendo qualcosa che mai avrei pensato. Mai senza le mie ore di solitudine nei boschi, magari sotto un masso di roccia da scalare, una linea, di gesti e appigli, così difficile che forse solo fra un anno di allenamenti e sogni ad occhi aperti riuscirò a salirla. Mai senza quelle ore semplici trascorse in casa, con Roberta, con Mario ed Elena che mi chiamano papà.

Cosa le piace leggere?

Leggo poche poesie, ma quelle che ho letto restano con me. L’Antologia Palatina ad esempio. Leggo qualche saggio e spesso lo trovo avvincente. Leggo qualche romanzo, ma alcuni li leggo e rileggo furiosamente. I fumetti sono una magnifica arte molto sottovalutata. I giornali li trovo spesso ermetici, incomprensibili e stranamente lontani.
Leggo e rileggo quello che scrivo. Mi piace farlo ossessivamente e svanire così il mondo attorno a me per svelarne un altro.

Se dovesse esprimere tre desideri?

L’immortalità potrebbe essere un’idea. Salvare il mondo un’altra. Ma alla fine mi basterebbe vivere per sempre questo periodo della mia vita, è perfetto, Mario ed Elena sono già grandi a sufficienza da condividere con me, ma ancora abbastanza piccoli da venirmi in braccio. Poi scrivere un romanzo di strabiliante successo. Magari realizzare il progetto più duro della mia vita in arrampicata.

La sua vita in un tweet?

Ogni giorno dobbiamo scegliere se vivere o morire. Ogni giorno scegliere di rialzarsi e avere l’opportunità di esplorare l’incertezza.

Ci parli del suo ultimo romanzo. A chi lo consiglierebbe e perché?

Sei sempre stato qui è nato in nove mesi di frenetica attività notturna. Scaturisce dal taccuino di appunti che ho scritto, durante il viaggio in Cambogia, parlando al figlio che là andavo a prendere. È il viaggio nel mondo e dentro di sé di una coppia che tenta di reggere il peso incalcolabile di un figlio che non arriva, che riesce a immaginarsi poi un figlio nuovo, un bambino magico e arriva così all’adozione. Nella quarta di copertina si cita Schiller: “Non è la carne e il sangue, ma il cuore che ci rende padri e figli.” Lo consiglio a tutti, non solo alle donne, non solo ai padri o ai genitori adottivi. Una cara amica giornalista lo ha definito un libro denso e veloce, molto intenso.

Come nascono i suoi personaggi, vi è un collegamento con la realtà?

Sì c’è sempre un collegamento. Prendo la carne e il sangue, per dargli sostanza, dal mondo che mi circonda, dalle persone che più sono state significative nella mia vita, ma ovviamente anche da me stesso. C’è poi anche un processo di costruzione allegorica nei miei personaggi. Nascono dall’urgenza di dipingere l’uomo davanti alla grandezza della vita. I miei sono spesso personaggi tormentati e resilienti. Personaggi che esplorano l’animo umano.
Il romanziere traduce gli esseri umani in lettere.

Le ambientazioni che sceglie provengono dal reale o sono anche una proiezione dell’anima?

Mi dicono che sono uno scrittore molto bravo nel descrivere forti emozioni. Io rispondo che non descrivo le emozioni, ma il luogo dove esse nascono, crescono, esplodono. Le ambientazioni, appunto. Nei romanzi tutto appartiene a un’unica architettura. Le ambientazioni rispecchiano e dialogano con il percorso esistenziale dei personaggi, ne fanno parte, ne sono la causa. Il mondo là fuori non è esterno agli esseri umani, ne fa parte. Non esistiamo senza il mondo. Non c’è un fuori o dentro di noi. Tutto è la stessa cosa. Nei romanzi questo fatto si svela. Certo poi mi appoggio a dati concreti. Faccio ricerche dettagliate.

Come può riassumere ai suoi lettori il suo romanzo? Qual è il messaggio che vuole trasmettere?

Sei sempre stato qui è un romanzo che nasce dal tentativo di dire un qualcosa che è accaduto durante la genesi della nostra famiglia, un qualcosa di inspiegabile, di magico. È un romanzo sulla resilienza, sul non mollare, sul trovare un equilibrio, anche nella non-scelta, per cambiare il futuro. È un romanzo sulla paternità, su un modo particolare, sensibile e dialogante di divenire padre. È un romanzo sul superamento della diversità, dove si scopre che non esistono figli biologici e adottivi. C’è una grande responsabilità nel concepire delle idee. Il significato che noi diamo alla nostra vita è il significato che la nostra vita ha. E allo stesso tempo le nostre idee, influiscono sulle nostre azioni, azioni che determinano la vita che vivremo domani.

È già al lavoro su un nuovo libro?

Sì, è quasi concluso. È una bizzarra storia d’amore ambientata sotto una montagna che sembra la fine del mondo.
Due voci. Due prime persone. Una voce femminile disincantata, caustica, romantica e imprevedibile e un poeta guerriero che soffre con l’umanità intera. Anche questa è una storia di resilienza. Una storia rovente che porta via uno strato di pelle. Una storia che non si rimargina. Una storia che parla di quando la nostra vita sembra non avere più senso. La condizione umana è una barriera insormontabile e spaventosa. Questa barriera viene quotidianamente frantumata da fragili e umane creature.  Gli esseri umani a volte quando la loro vita si strappa in due fanno una cosa.
Fanno una cosa incredibile. Si rialzano.

 

Silvia Casini

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