Sembrava una felicità: recensione

“Decido di far leggere alla mia classe i miti sulla Creazione. L’idea è di tornare alle origini. Qualche mito descrive Dio come un padre, qualcun altro come una madre. Quando è il padre, si dice sia altrove. Quando è la madre si dice sia ovunque”.

Sembrava una felicità di Jenny Offil.

“Questo libro è per chi non dorme la notte e legge il libro dell’inquietudine di Pessoa…”

Per citare il retro di copertina della casa editrice NNE, che aggiunge narrazione alle sue narrazioni.

Questo libro è per me. Dico io.

Per le donne, aggiungo.

Quelle tradite, che il tradimento provoca un dolore pari a quello di un’aggressione fisica.

Quelle che hanno paura ma che “in un accesso di forza inspiegabile” riescono a spostare i macigni caduti sulle loro vite.

Per quelle col fardello dell’inquietudine, radicata nel tempo lontano dell’infanzia e cresciuta dentro in modo proporzionale; ma che, proprio per questo, nonostante la forza di gravità le schiacci, non si buttano mai a terra, non cadono.

Al massimo, si concedono di scoppiare a piangere sul volante dell’auto in un parcheggio del supermarket.

Quelle che la testa non si ferma mai. Continua a girare e girare, soprattutto la notte. E camminano avanti e indietro, guardando il cielo in cerca di stelle ma poi pensano che ce ne sono troppe e non servono a granché.

Le donne che per contrasto sanno godere di tutta quella che sembra essere felicità, in modo puro, vero e fortissimo.

Capaci di pensare a un piano B, ma anche C,D… fino a F.

E di mettere in atto il piano di salvataggio, trascinando nel vortice di forza e protezione anche chi sta loro intorno.

“Ha desiderato altri uomini, naturalmente. Uno o due in particolare. Ma la verità è che ha una buona capacità di controllo. È per questo che non è morta. Ed è sempre per questo che è diventata una scrittrice e non un’eroinomane. Lei pensa prima di agire, o per essere più precisi, lei pensa invece di agire. Un difetto, non una virtù”.

Questo libro è un inno tenero e struggente a madri, mogli, sorelle, amiche.

Donne.

(E, per la cronaca, se devo immaginare un Dio… lo immagino nettamente uomo).

Erika Carta

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