Smile 2: recensione

Dopo il successo ottenuto due anni fa con la sua opera prima, l’horror Smile, il regista Parker Finn decide di raddoppiare l’appuntamento con la maledizione del suicidio sorridente mettendo in scena un sequel che possa essere all’altezza della situazione, magari raccontando nuovi retroscena di questa agghiacciante vicenda.

Smile 2, quindi, sulle prime potrebbe far pensare di incidere ulteriormente questa vicenda, la quale miete vittime tra ignare persone che, entrate in contatto con questo contagio malefico, finiscono col suicidarsi con violenza stampandosi un sorriso smagliante sul volto.

Tutto riprende sei giorni dopo la fine del capitolo precedente, dove troviamo il sopravvissuto Joel (Kyle Gallner) alle prese con il tentativo di liberarsi da questa stregoneria, vedendosi costretto ad un gesto estremo.

Passano i giorni e, casualmente, anche la cantante Skye Riley (Naomi Scott), reduce da un gravissimo incidente automobilistico ed appena ripresasi da un lungo periodo di crisi artistica, finisce sulla linea di sangue di questa ossessiva maledizione, divenendo testimone del suicidio di un “infetto”.

Ciò la porta nel mezzo di un folle limbo fatto di visioni spaventose e conseguenze inaspettate, trasportandola nel mezzo di una pazzia senza freni, dove realtà e immaginazione si fondono in una unica conseguenza.

Nonostante ciò, Skye tenterà di fermare una volta per tutte la maledizione, cercando di essere la prima sopravvissuta della lunga serie di vittime.

 

Col successo del primo capitolo c’era da aspettarselo di tutto cuore che Smile 2 portasse nuova linfa a ciò che era stato detto con quel capostipite, almeno varcando una struttura e una trama che potessero sviluppare ciò che si cela dietro queste visioni che portano al suicidio.

Ed invece Finn, nel modo più pigro possibile, decide di riprendere medesima struttura e ispirazione sfruttata già col primo capitolo, che in fin dei conti risultava riuscito nelle intenzioni, realizzando stavolta una sorta di sequel gemello che nulla di nuovo aggiunge alla serie Smile.

Si cambia ambientazione, gettando il tutto nel regno dello star system e il mondo dello spettacolo, con nel mezzo la Skye di una monocorde Scott e giocando continuamente di jumpscare o giochetti visivi già sperimentati nel film precedente, il tutto con l’obiettivo di trarne una sorta di opera graffiante che parlasse di falsità del glamour e dello show business, ma purtroppo con risultanti che rasentano fin troppo il ridicolo involontario.

Smile 2 è un sequel di cui poco c’è da salvare, perché è un’opera di due ore e passa (!) che gira sul nulla e che, nel suo voler assolutamente spaventare, diventa assordante e fastidioso, mostrando il fiato corto sin dalle prime scene, cosiddette, inquietanti, come anche quando ostenta a sfoggiare il sorriso diabolico di Ray Nicholson, nei panni dell’ex ragazzo di Skye, solo per poter portare alla mente il ghigno diabolico del ben noto padre di quest’ultimo, il grande Jack di Shining e Qualcuno volò sul nido del cuculo.

Mirko Lomuscio