Speak no evil – Non parlare agli sconosciuti: recensione

Piccolo film del 2022 targato Danimarca/Paesi Bassi, Speak no evil di Christian Tafdrup è un thriller che è riuscito a ritagliarsi un proprio culto tra gli amanti del genere, grazie a quel suo modo di addentrarsi nella critica sociale tramite una storia che parla di incontri tra persone agli antipodi, messe l’una di fronte all’altra sullo specchio di un contesto sociale basato sull’apparire e sulla superficialità, il tutto gestito da uno stile registico nordeuropeo che della secchezza narrativa ne fa un vero e proprio marchio di fabbrica (vedere Michael Haneke per fare un esempio).

Il richiamo di questo film è così forte che anche la Blumhouse di Jason Blum decide di volerne fare un remake, in modo, magari, di poter far recepire a livello più globale la storia e il messaggio di questo cult europeo; per la regia dell’inglese James Watkins, regista rodato nel thriller horror con titoli come Eden Lake e The woman in black, questo Speak no evil – Non parlare agli sconosciuti, come l’originale, prende avvio in Toscana, dove in vacanza si ritrovano due famiglie inglesi.

Una è quella composta da Louise (Mackenzie Davis) e Ben Dalton (Scoot McNairy) con la figlia Agnes (Alix West Lefler), l’altra invece è formata da Paddy (James McAvoy) sua moglie Ciara (Aisling Franciosi) e il figlio Ant (Dan Hough); tanto è armoniosa e tranquilla la prima, quanto è invadente e giocosa la seconda, ritrovandosi un contesto idilliaco a fare conoscenza e a scambiarsi determinate confidenze, tanto che Paddy invita i Dalton a passare un periodo di vacanza nella loro casa di campagna, in Inghilterra.

Accettato l’invito, Louise e Ben, che stanno attraversando un periodo difficile, si renderanno conto di diversi dettagli che li metteranno a confronto, salvo poi scoprire qualcosa di agghiacciante che si cela dietro quella casa e alla vita allegra di Paddy e dei suoi cari.

Chi ha visto l’originale Speak no evil sa benissimo di quale visione poco armoniosa si va incontro, dato che il film del 2022 era un thriller, non proprio teso, ma che viveva di una tensione a crescere che sfociava in un finale, sì emblematico e significativo, ma magari privo di quella messa in scena che avrebbe dovuto fare al caso suo; con questo remake del 2024 il buon Watkins, che in quanto a gestione della tensione è sempre stato anche un nome abbastanza valido, per una buona prima parte decide di voler intraprendere il medesimo percorso del film originale, per poi però prendersi determinate libertà verso l’epilogo e renderlo un prodotto più d’intrattenimento, come è solito fare per certe produzioni di livello del cinema yankee.

Insomma Speak no evil – Non parlare con gli sconosciuti è un film che farà molto storcere il naso ai puristi del prototipo nordeuropeo, ma che in fin dei conti, proprio per questo suo coraggio di non rendersi un film fotocopia, va anche ammirato, dando agli spettatori una visione alternativa di una trama già preesistita e rodata in ben altro contesto con taglio più autoriale.

Speak no evil – Non parlare con gli sconosciuti della autorialità ne fa proprio a meno, diventa più un prodotto d’intrattenimento e rimane sempre nel contesto di voler descrivere l’andazzo sociale di certe mentalità, facendo scontrare borghesia e classi meno fortunate in una tesa guerra all’ultimo sangue.

Le interpretazioni inoltre, proprio perché vittime di questa spettacolarizzazione, si rendono eccessive in taluni momenti, in primis un McAvoy palestrato al centro della scena, ma Watkins d’altronde, conscio di non cercare paragoni diretti con il film di Tafdrup, porta in scena il proprio lungometraggio e regala un titolo che potrebbe anche avere i suoi sostenitori, solo che dovrà fare i conti con chi nell’originale Speak no evil ci ha visto una forte critica sociale mascherata da thriller, seppur forzato nell’insostenibile finale.

Mirko Lomuscio

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