The Alto Knights – I due volti del crimine: recensione

Dopo aver dato un notevole contributo al cinema sul mondo della malavita con film come Il padrino parte 2, Quei bravi ragazzi e Casinò, Robert De Niro torna nuovamente sui passi del genere malavitoso portando in scena una nuova storia che possa dare un contributo a riguardo, e lo fa ritrovando al proprio cospetto la regia del noto Barry Levinson, con cui collaborò in titoli come Sleepers e Sesso e potere, e soprattutto la penna dello sceneggiatore e scrittore Nicholas Pileggi, autore dei succitati Quei bravi ragazzi e Casinò.


Con The Alto Knights – I due volti del crimine questa loro collaborazione intende parlare quindi delle attività mafiose di un’accoppiata poco raccomandabile quale è stata quella composta da Frank Costello e Vito Genovese, due mentalità opposte della stessa medaglia che, da vecchi amici, divennero rispettivamente nemesi delle losche attività che gestivano nell’America degli anni ’50, arrivando addirittura a cercarsi di uccidere.


Siamo nella metà del ventesimo secolo e sia Costello che Genovese (entrambi interpretati da De Niro) sono i capi di una grande attività mafiosa che nuove le proprie fila negli Stati Uniti, gestendo quello che possa ritenersi il mercato di contrabbando più potente dell’intero pianeta.

Un’attività che frutta milioni di dollari e che conta affiliati in ogni dove della nazione.

Ma tanto è lucido e organizzativo Costello, quanto è invece turbolento e violento Genovese, creandosi fra i due un attrito col corso degli anni, giungendo addirittura ad una resa dei conti che va dai tribunali del paese alle piccole botteghe di periferia come l’Alto Knights.

Operazione che dalla sua può dirsi di creare una certa aspettativa, visto i nomi coinvolti, The Alto Knights – I due volti del crimine è invece un lungometraggio che , nonostante il materiale e gli argomenti che affronta anche con un certo interesse, non riesce ad incidere per colpa di una vera e propria mancanza di dinamica narrativa.

Perché l’operato di Levinson, invece di dare dinamismo narrativo come avrebbe fatto un Martin Scorsese o, addirittura, un Brian De Palma dei tempi d’oro, affloscia il tutto in una narrativa senza guizzi, appoggiandosi ad una regia monocorde e poco ispirata, intenta a varcare confini estetici molto più vicini ad un film tv che ad un’opera cinematografica.

Curioso inoltre è il coinvolgimento di De Niro in un doppio ruolo, decisione che sinceramente non trova un vero e proprio perché, ma che evidentemente è stata generata da un qualche guizzo artistico che non riesce ad emergere in questo prodotto di fattura media.

Insomma con The Alto Knights – I due volti del crimine ci troviamo di fronte ad un’opera che avrebbe potuto dare qualcosa di buono, dato anche il materiale esposto dallo scritto di Pileggi, ed invece si assesta su un risultato poco esaltante, che non trova granché di esistere neanche nelle performance dei suoi interpreti, da un De Niro poco incisivo a una Debra Messing sfruttata il minimo consentito nei panni della moglie di Costello.

Un titolo che veramente ti fa sospirare amaramente pronunciando a voce bassa “Che peccato”.

Mirko Lomuscio

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