Lui, Martin McDonagh, è un cineasta inglese che si è fatto notare non molto tempo fa, nel 2008, grazie alla sua opera prima, In Bruges – La coscienza dell’assassino, conquistando una buona fetta di critica ed anche una nomination agli Oscar per la miglior sceneggiatura (un’altra statuetta il nostro regista l’aveva vinta nel 2004, grazie al cortometraggio Six Shooter).
Poi di tempo ne è passato e l’acclamato autore torna in sala nel 2012 con 7 psicopatici, pellicola tardo pulp, un po’ Tarantino, un po’ Guy Ritchie, che sinceramente non ha portato granché freschezza nel cinema del nostro McDonagh, reo di essere ripetitivo nelle tematiche gangster di un cinema che ha fatto il suo corso già da tempo ormai.
Oggi, 2017, ritroviamo questo regista di forte presa con una pellicola dai toni oscuri e molto drammatici, narrati in una zona del Sud degli Stati Uniti, come già il titolo lascia annunciare; Tre manifesti a Ebbing, Missouri è un racconto di personaggi forti ed eventi drastici, tutti pedine di un sistema che fa della giustizia vera una mera chimera da raggiungere.
La storia è quella della donna di mezza età Mildred (Frances McDormand), la cui figlia è stata uccisa da un violento stupratore, che della ragazza ha bruciato vivo il corpo; un gesto che ovviamente non potrà lasciare indifferente chi amava la vittima con tutto se stesso.
E Mildred, scontenta del sistema giudiziario e del modo in cui la legge si muove là, dove vive lei, ovvero a Ebbing, nel Missouri, decide di scuotere gli animi affiggendo dei messaggi provocatori su tre manifesti appesi al ciglio della strada che porta alla cittadina.
Un gesto che lo sceriffo del luogo, Willoughby (Woody Harrelson), non può lasciare andare, nonostante sia un vecchio conoscente di Mildred.
Ma la donna oltre a questo dovrà andare incontro all’ostracismo dell’intera popolazione, che la accusa di essere poco fiduciosa nella legge e in coloro che la rappresentano, tra cui il poliziotto dai metodi rudi e razzisti Dixon (Sam Rockwell).
Soltanto che andando avanti, tutto ciò che sembrava avere un lato oscuro e incline alla violenza, risulterà essere la chiave di volta e forse la soluzione definitiva per chiudere il cerchio.
Passato al Festival di Venezia 2017, dove è stato premiato con un Osella per la miglior sceneggiatura, Tre manifesti a Ebbing, Missouri è un film fatto di personaggi forti e situazioni altrettanto scottanti, ricco di sfaccettature e messe in scena di ottima resa, come poche volte è possibile assistere in un’opera del genere; e detto ciò inutile non lodare il lavoro svolto con gli interpreti da parte di McDonagh, che si serve di un cast formidabile composto da un trio d.o.c. quale è quello ottenuto da McDormand/Harrelsone/Rockwell e più altri interpreti di grande spessore (ci sono anche John Hawkes, Peter Dinklage, Abbie Cornish, Lucas Hedges). Insomma ci troviamo di fronte ad un prodotto che si serve di una preparazione precisa e profonda, più una scrittura decisa, che riesce a miscelare dramma potente con sottile ironia, senza che l’uno sovrasti l’altro, il tutto sullo sfondo di una struttura quasi da film western.
L’unica cosa che si potrebbe rimproverare in Tre manifesti a Ebbing, Missouri è il suo voler indirizzare un proprio discorso su una tematica in particolare, ovvero quella del bisogno di giustizialismo; un tema che con tutta sincerità non esplode come deve, ma rimane invece tra le righe privilegiando esclusivamente la caratterizzazione dei suoi protagonisti, potenti quanto volete, ma che forse non sembrano abbastanza per poter concretizzare un determinato messaggio in riguardo.
Tolto ciò, non è da escludere però assolutamente che qua abbiamo a che fare con un prodotto dai risultati cinematografici abbastanza alti.
Mirko Lomuscio
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