Tutto ciò che vi devo è il titolo del piccolo libro – edito L’Orma nel 2014 – su Virginia Woolf: si tratta di lettere alle amiche. Il libricino di appena sessantadue pagine raccoglie diverse lettere della famosissima autrice di Gita al Faro partendo dal 1903 fino al 1941.
Quando trovai nella libreria di Acciaroli (una bellissima cittadina di mare nel Cilento in cui passo le vacanze estive), per puro caso, una collana di libri poggiati su un bancone, che sembravano delle cartoline, non sapevo come e chi scegliere: li avrei presi tutti: da Gramsci a Marx, da Virginia Woolf a Marie Curie, da Lovecraft a Napoleone, da Verdi a Mery Shelly e tantissimi altri.
Alla fine ho scelto due che rappresentassero le mie due anime: Marie Curie e Virginia Woolf (senza escludere, in futuro, di prenderne altri).
Si tratta di argomenti vari, come i destinatari di queste lettere: fra i vari, spiccano Ethel Smyth, grande femminista dell’epoca e stretta amica di Virginia, e Violet Dickinson, sua grandissima amica (tanto da meritare un personaggio all’interno del suo romanzo Gita al Faro) e prima grande cotta.
Attraverso le lettere, c’è una ricostruzione della vita dell’autrice ma in una prospettiva differente dal mero libro di scuola: è più intimo, coinvolgente. Si vedono con chiarezza le varie fasi della vita dell’autrice (ad esempio, l’incontro con il futuro marito così freddo e sterile), il suo pensiero e la sua consapevolezza di essere geniale.
E di geniale, leggendo, c’è tanto, tantissimo: solo sfogliando le pagine, s’incorrerà nello stile fresco, elegante e così denso di figure retoriche, dell’autrice.
Ricordando che si stanno leggendo solo delle semplici lettere personali, definite da Virginia “inadatte” o “noiose”, e scontrandosi con uno stile dalla fluidità eccellente, magistralmente accurato, ci si rende conto di come un genio della letteratura lo è in tante sfaccettature e, soprattutto, senza rendersene conto.
Ma Tutto ciò che vi devo non è solo vita e stile di Virginia ma soprattutto pensiero e animo: la malinconia, a tratti disperata, nelle lettere seguenti alla tragica morte del fratello è palpabile, così come la sottile tristezza presente in ogni riflessione personale, che sia davvero tale, dell’autrice.
In sole sessantadue pagine si riesce ad immaginare facilmente Virginia passeggiare in uno dei suoi giardini, riflettendo su quanto sia da una parte egocentrica ma dall’altra profondamente triste e sola.
Perché? Perché Virginia non crede di saper amare.
Con un packaging innovativo, divertente, ma strizzando anche l’occhio al passato, quando si imbucavano le lettere, L’Orma ha fatto centro presentando un prodotto interessante, a buon mercato (in vendita a cinque euro), e innovativo.
Adatto sia per chi è un appassionato di letteratura ma anche a chi, per la prima volta, si approccia a questi autori.
Alla fine, comprerò gli altri della collana? Assolutamente sì.
Il prossimo il lista è Lovecraft, il maestro dell’orrore.
Manuela Vitale
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