“Se non sono niente per te, allora sparisci.”
Gli disse lei.
Senza dire niente, lui si mise i vestiti e se ne andò.
Un litigio tra amanti, niente di più, niente di meno.
Rimase immobile nel letto e tutto l’amore che aveva per lui cominciò ad uscire dalla stanza.
A vagare. A disperdersi. Ad attraversare la finestra.
A scendere in via Venti e riempirla tutta.
Fu allora che i draghi sui pavimenti sembrarono avvicinare le loro lingue in un romantico bacio sotto i portici.
Il sassofonista della strada interruppe a metà il tema del Padrino per suonare Il cielo in una stanza di Gino Paoli.
Babbo Natale, pagato per invitare nel negozio di abiti per bambini, cominciò a provarci con l’Elfa che impacchettava i libri comprati in libreria.
Il barista di via Garibaldi iniziò a dispensare baci a tutti coloro che chiedevano un caffè ed abbracci a quelli che ordinavano un cappuccino.
Nelle pause pranzo dei bar di De Ferrari i colleghi si scambiarono carezze,
alcuni, nascosti dalle tovaglie, si fecero addirittura piedino sotto il tavolo.
Ai baracconi della Foce, nella casa degli orrori, passando nel buio per scheletri, zombie, vampiri e teste mozzate, i bambini si strinsero le mani, non più per paura, ma perché si volevano troppo bene. Nemmeno fosse il tunnel dell’amore.
Il rosticciere della via traversa cominciò a regalare polli arrosto ai passanti, accompagnandoli con patate al rosmarino e biglietti dove aveva scritto I love you.
La città era impazzita d’amore.
Una passione incontinente.
E sempre più forte.
Fino a quando nella stanza di lei risuonò un sms di lui:
“Certo che ci tengo a te, disastro.” Diceva.
I polli ricominciarono ad essere cari ed accompagnati solo dallo scontrino fiscale,
il tunnel degli orrori si riempì di nuovo di grida di terrore,
i colleghi a pranzo litigarono animatamente per lavoro,
il barista di Garibaldi ricominciò a far caffè e cappuccini senza neanche guardar in faccia i clienti,
Senza dire niente, lui si mise i vestiti e se ne andò.
Un litigio tra amanti, niente di più, niente di meno.
Rimase immobile nel letto e tutto l’amore che aveva per lui cominciò ad uscire dalla stanza.
A vagare. A disperdersi. Ad attraversare la finestra.
A scendere in via Venti e riempirla tutta.
Fu allora che i draghi sui pavimenti sembrarono avvicinare le loro lingue in un romantico bacio sotto i portici.
Il sassofonista della strada interruppe a metà il tema del Padrino per suonare Il cielo in una stanza di Gino Paoli.
Babbo Natale, pagato per invitare nel negozio di abiti per bambini, cominciò a provarci con l’Elfa che impacchettava i libri comprati in libreria.
Il barista di via Garibaldi iniziò a dispensare baci a tutti coloro che chiedevano un caffè ed abbracci a quelli che ordinavano un cappuccino.
Nelle pause pranzo dei bar di De Ferrari i colleghi si scambiarono carezze,
alcuni, nascosti dalle tovaglie, si fecero addirittura piedino sotto il tavolo.
Ai baracconi della Foce, nella casa degli orrori, passando nel buio per scheletri, zombie, vampiri e teste mozzate, i bambini si strinsero le mani, non più per paura, ma perché si volevano troppo bene. Nemmeno fosse il tunnel dell’amore.
Il rosticciere della via traversa cominciò a regalare polli arrosto ai passanti, accompagnandoli con patate al rosmarino e biglietti dove aveva scritto I love you.
La città era impazzita d’amore.
Una passione incontinente.
E sempre più forte.
Fino a quando nella stanza di lei risuonò un sms di lui:
“Certo che ci tengo a te, disastro.” Diceva.
I polli ricominciarono ad essere cari ed accompagnati solo dallo scontrino fiscale,
il tunnel degli orrori si riempì di nuovo di grida di terrore,
i colleghi a pranzo litigarono animatamente per lavoro,
il barista di Garibaldi ricominciò a far caffè e cappuccini senza neanche guardar in faccia i clienti,
Babbo Natale guardò l’orologio per vedere quanto mancava alla fine del turno,
gli unici cuori che l’Elfa del negozio di giocattoli vide, furono quelli che applicò sui pacchetti natalizi.
gli unici cuori che l’Elfa del negozio di giocattoli vide, furono quelli che applicò sui pacchetti natalizi.
Come sottofondo a tutto questo, il tema del Padrino risuonò, interpretato da un sassofonista seduto su draghi con le bocche aperte per gettar fuoco.
Foto e testo Francesca Lorusso