U.S. Palmese: recensione

Cantori di un certo cinema indipendente di primi anni 2000, votato ad un limite produttivo che portava all’amatorialità vera e propria, i fratelli Marco e Antonio Manetti dopo essersi avventurati nel mondo dell’horror comedy (Zora la vampira), del thriller claustrofobico (Piano 17 e Paura), della fantascienza (L’arrivo di Wang), della commedia poliziesca (Song’e Napule), del musical noir (Ammore e malavita) e del cinecomic (la trilogia dedicata a Diabolik), decidono di volgere la propria ispirazione verso un genere leggero e più consono alla popolarità tutta italiana, come quello sportivo, o per meglio dire calcistico.

Il qui presente U.S. Palmese è quindi un titolo che dovrebbe mettere i nostri due fratelli registi alle prese con un materiale più accattivante per il pubblico nostrano, quest’ultimo sempre amante del noto sport in questione portato già al cinema da svariate pellicole italiane di culto e non (L’allenatore nel pallone 1 e 2, Ultimo minuto, Tutti all’attacco, per dirne alcuni).

La storia è quella della cittadina calabrese Palmi, la cui squadra calcistica, che gioca nel campionato dilettantistico, avrebbe bisogno di una certa spinta in più per spiccare nel prossimo torneo.

L’idea viene al pensionato Don Vincenzo (Rocco Papaleo), il quale, conscio del fatto che il grande calciatore francese Etienne Morville (Blaise Afonso) sta per essere venduto, decide di raccogliere i cinque milioni di euro disponibili per acquistarlo tramite una colletta che coinvolge l’intero paese.

Nonostante l’idea folle, ben presto il noto calciatore si presenta alle porte della cittadina, ma solo per rimediare alla propria disastrosa condotta morale, rovinata a livello mediatico a causa di uno scottante caso di body shaming ai danni di una nota tiktoker.

Inizialmente scettico e per nulla deciso a voler rimanere, Etienne piano piano si inserisce nel caloroso mondo di Palmi, scoprendo un proprio personale percorso che dovrebbe fargli trovare la parte migliore di se stesso, lontano dall’arrogante uomo di successo quale era ed è sempre stato.

Vedere i fratelli Manetti alle prese con una mera commedia calcistica, atta a soggiogare i gusti del pubblico più facilone della nostra Italia, mette questo U.S. Palmese sotto un’ottica discutibile già dalle premesse, perché in fin dei conti, complice lo stesso plot, non gode di grande originalità.

Contemporaneo del recente e modesto Chi segna vince di Taika Waititi, con il quale condivide una simil trama, U.S. Palmese purtroppo è una pellicola che non ha una vera e propria narrazione trainante, giocando nella sua articolata storia quanti più elementi e personaggi possibili per rendersi forzatamente interessante, se non simpatico.

L’amore per lo sport, la condotta morale mediatica, l’accettazione del diverso e del proprio umile passato sono argomenti che già in altre svariate occasioni sono state proposte sul grande schermo, soprattutto in ambito sportivo, e i Manetti, con una certa incoscienza, infieriscono a riguardo, facendo sorbire allo spettatore due ore di visione (!) che mescolano una regia poco coinvolta con caratterizzazioni fini a se stesse, mai portate a buon compimento.

Il succitato Papaleo con l’aggiunta di Claudia Gerini, Massimo De Lorenzo, Gianfelice Imparato, Max Mazzotta, Guglielmo Favilla e Massimiliano Bruno si cimentano in questa ricostruzione di provincia tutta calabrese, nonostante gran parte di loro non sia appartenente alle terre di ambientazione, ed il che crea un vuoto contenutistico su questa visibilmente artificiosa voglia di ricostruire una certa poetica del sud.

Inoltre il protagonista Afonso non dà quel giusto appeal per empatizzare con il suo Etienne, lasciando sì che U.S. Palmese non colpisca nel segno neanche per l’argomento cardine del film; ovvero l’amore sincero per il calcio.

Mirko Lomuscio

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